Tuma, l'amico di "Cha Cha" con il pallino degli affari

Gianluca Tuma
di Elena Ganelli
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Mercoledì 3 Novembre 2021, 05:04 - Ultimo aggiornamento: 09:45

 «Una figura camaleontica capace di intrattenere rapporti alla pari sia con personaggi della criminalità impegnati in attività delittuose di maggiore allarme sociale (reati contro il patrimonio, contro la persona e legati agli stupefacenti) sia con quelli appartenenti almeno in apparenza ad un ambiente più sobrio ma in grado di introdurlo nel giro delle attività economiche finalizzate al reimpiego di proventi delle attività illecite».
Questo il ritratto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina Giuseppe Cario traccia di Gianluca Tuma nell'ordinanza di custodia cautelare che ieri ha riportato in carcere il 51enne già molto conosciuto per i suoi precedenti giudiziari e che ora è accusato di tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.
In effetti nonostante fosse destinatario di un provvedimento che gli inibiva di svolgere tali attività ha continuato a farlo utilizzando intestatari fittizi. «Le indagini hanno documentato scrive il giudice una massiva gestione da parte di Tuma di varie attività commerciali nel campo della ristorazione e dei pub».

CORSI E RICORSI

Proprio come era già accaduto nel 2015 con l'inchiesta Don't Touch' nell'ambito della quale era risultato effettivo titolare di una pluralità di società «nelle quali figuravano suoi parenti o amici quali amministratori di diritto tra cui il fratello Gino Grenga».
Allora era finito in carcere insieme a Costantino Cha Cha Di Silvio, uno dei leader del gruppo di Campo Boario, ai fratelli Angelo e Salvatore Travali, Francesco Viola e molti altri ma si era salvato dall'accusa di concorso in associazione a delinquere.
Un'indagine che ha indubbiamente segnato la storia della criminalità organizzata di Latina e per la quale Tuma ha riportato una condanna a tre anni e quattro mesi di carcere, confermata in secondo grado e poi anche in Cassazione.

All'epoca aveva già un discreto curriculum penale iniziato quando era ancora adolescente e appena quindicenne venne arrestato per la prima volta per furto aggravato. Poi è stata una escalation con una serie di procedimenti a suo carico che risalgono agli anni '80 per reati contro il patrimonio commessi in compagnia di esponenti del clan Di Silvio: nella sua scheda personale ci sono precedenti per estorsione, lesioni personali dolose, danneggiamento, violazione degli obblighi di sorveglianza speciale, porto illegale di armi, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, ingiurie.

LA CONFISCA

Nei suoi confronti nel giugno 2019 era arrivata su disposizione del Tribunale di Latina anche la confisca del suo patrimonio vista l'esistenza di «concreti e specifici indizi dai quali si desume che l'imprenditore e la sua famiglia, anche attraverso l'intestazione di quote societarie, vivono con i proventi derivanti da attività delittuose».
L'asse immobiliare e finanziario accumulato, appariva in evidente sproporzione con le disponibilità dirette e indirette dichiarate al fisco: a lui era riconducibile un patrimonio di circa 3 milioni di euro tra immobili, locali commerciali e altro incluse le quote di partecipazione alla proprietà dell'A.S. Campoboario. Tramite quella società dilettantesca aveva però depositato incredibilmente insieme a Cha Cha il marchio verbale e figurativo dell'allora Società Sportiva Calcio U.S. Latina , una società all'epoca guidata all'epoca dall'allora deputato di Fratelli d'Italia Pasquale Maietta, una società che arrivò a un passo dalla serie A.
La confisca è stata però annullata di recente dalla Corte di Cassazione e ora la Corte d'Appello di Roma dovrà tornare sulla questione e pronunciarsi nuovamente sulla misura di prevenzione. Tuma a distanza di pochi anni stava rimettendo in piedi il suo impero economico nascondendosi dietro prestanome. A fine mese dovrà comparire davanti al Tribunale di Latina per una nuova udoienza del processo Don't touch 2, nel quale è chiamato a rispondere delle minacce rivolte al giornalista de Il Messaggero Vittorio Buongiorno e la cui prossima udienza è fissata per il 30 novembre prossimo.
Elena Ganelli
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