Gianluca Tuma, spiegano dalla Questuira «è da sempre gravitante nel tessuto criminale della provincia pontina». Le indagini della divisione Anticrimine «sono state mirate a dimostrare - si legge in una nota - in maniera incontrovertibile, come Tuma ha, di fatto, tratto sostentamento e ricchezze da attività delinquenziali manifestando, con modalità sempre più elaborate, la sua spiccata capacità non solo a compiere ma anche a organizzare, promuovere e gestire trame criminali».
«Il medesimo - prosegue la nota della Questura - è conosciuto alle Forze di Polizia e Magistratura fin dalla sua adolescenza, infatti, il suo primo arresto risale al maggio del 1985, quando non ancora quindicenne, fu sorpreso nella flagranza del reato di furto aggravato. A seguire altri furti eseguiti con grande maestria. Per tutta la restante parte degli anni ’80, la sua vita fu caratterizzata da vari procedimenti a suo carico per reati contro il patrimonio, sempre in compagnia di esponenti della famiglia Di Silvio. Annovera pregiudizi per estorsione, resistenza a P.U., lesioni personali dolose, danneggiamento, ed è stato condannato per violazione alle prescrizioni della Sorveglianza Speciale, porto illegale di armi in concorso, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, false generalità, ingiurie».
L’indagine più rilevante che lo ha visto coinvolto è sicuramente l'operazione Don't touch, condotta dalla Squadra Mobile di Latina «da cui è scaturita l’emissione a carico di Tuma di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere e intestazione fittizia di beni e poi sfociata in una condanna irrevocabile per la sola intestazione fittizia a tre anni e quattro mesi di reclusione».
«Si ritiene di poter delineare riguardo al Tuma - proseguono dalla Questura - il profilo di una persona particolarmente scaltra, ben inserita negli ambienti criminali pontini, e non solo. Il Tribunale ha condiviso gli accertamenti patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine della Questura, che hanno evidenziato l’esistenza di concreti e specifici indizi dai quali si desume che l’imprenditore e la sua famiglia, anche attraverso l’intestazione di quote societarie, vivono con i proventi derivanti da attività delittuose. L’asse immobiliare e finanziario accumulato, è in evidente sproporzione con le disponibilità dirette e indirette dichiarate al fisco».
Il patrimonio confiscato, accumulato anche attraverso interposte persone, ammonta a circa 3 milioni di euro.
«Si tratta di 5 immobili, di cui un appartamento, tre locali commerciali e un laboratorio industriale; 3 autocarri e 1 rimorchio; 2 autovetture; 2 motocicli; nonché quote societarie e rapporti bancari di 13 società il cui settore operativo spazia dall’edilizia, alla gestione di immobili, all’impiantistica edile civile fino alla produzione di alimenti. Tra i beni confiscati si segnala le quote di partecipazione alla proprietà dell’A.S. Campoboario ed il marchio verbale e figurativo della Società Sportiva Calcio U.S. Latina».
© RIPRODUZIONE RISERVATA