Frosinone, affari con i prestanome: «La banca sapeva». C'era anche un 84enne: «Basta, non riesco a tenere la forchetta figuriamoci a firmare»

Secondo le accuse le teste di legno servivano per gli affari illeciti

Frosinone, affari con i prestanome: «La banca sapeva». C'era anche un 84enne: «Basta, non riesco a tenere la forchetta figuriamoci a firmare»
di Pierfederico Pernarella
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Venerdì 9 Febbraio 2024, 08:34 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 18:49

Una galassia di diciotto società intestate a prestanome che di volta in volta, a seconda delle esigenze, erano utilizzate per comprare immobili all'asta, ottenere finanziamenti, emettere fatture per operazioni inesistenti necessarie per riciclare denaro.

Le "teste di legno", tutte indagate per intestazione fittizia di beni, venivano scelte tra parenti, amici o semplici conoscenti. Alcuni già noti alle forze dell'ordine, tutti gli altri degli insospettabili. Qualcuno anche troppo.

L'ANZIANO

È il caso di P.G., 84 anni, originario di Cremona, ma residente ad Anzio. L'anziano, stando agli accertamenti di polizia e guardia di finanza, è risultato essere socio o amministratore di quattro società che secondo le accuse erano di fatto controllate dall'imprenditore edile di Veroli Paolo Baldassara, sodale di Angelo De Santis. L'84enne, ad esempio, era il formale amministratore di una società che, secondo le accuse, in poco più di due anni avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti per oltre 3 milioni di euro a favore delle società controllate da De Santis. Col tempo però per l'anziano stava diventando sempre più duro far fronte a tutte le incombenze. E chi come l'avvocato Gennaro Cicatiello, sodale di Baldassarra, doveva tenere le fila del sistema dei prestanome aveva il suo bel da fare per convincerlo ad onorare gli impegni legati alle sue cariche societarie.
Succede, ad esempio, nel luglio del 2021. L'anziano deve recarsi presso la sede della Banca Popolare del Frusinate per firmare alcune carte. Il giorno prima dell'appuntamento, come emerge dalla sintesi di un'intercettazione riportata nell'ordinanza di custodia cautelare, l'avvocato Cicatiello lo avverte che lo andranno a prendere ad Anzio con l'auto e dopo aver sbrigato le pratiche lo riporteranno a casa. «C'è da mettere una decina di firme», gli dice l'avvocato. Al che l'anziano prima chiede a cosa servano le firme, poi aggiunge che è stanco di fare quelle cose. L'avvocato gli dà ragione ma aggiunge che non «possono fermare la macchina» da un momento all'altro. L'anziano, a malincuore, sembra arrendersi all'evidenza, però insiste sul punto e avverte l'avvocato che lui ormai «non riesce a tenere la forchetta, figuriamoci a firmare».
All'accompagnamento dell'anziano da Frosinone ad Anzio s'interessa anche l'imprenditore Paolo Baldassara che dà le disposizioni a Cicatiello: chi accompagnerà l'anziano non deve entrare in banca.

L'avvocato Cicatiello poi chiama il funzionario della Bpf e lo avverte che l'indomani da lui si recherà l'84enne. Il timbro per firmare glielo porterà l'avvocato Cicatiello che quindi saluta il funzionario della Bpf: «Confidiamo nelle tue mani esimio».

LE CONTESTAZIONI

«Le conversazioni telefoniche - scrive il gip Logoluso - sono paradigmatiche della fittizia intestazione a prestanome di numerosissime società di capitali che, in realtà, sono nella piena disponibilità gestionale di soggetti determinati (De Santis, Baldassarra, Bartoli) che le utilizzano per i loro progetti illeciti. Peraltro non può non notarsi che i funzionari bancari (nella specie della Bpf) sono ben consapevoli che le società che intrattengono con l'Istituto rapporti bancari non sono gestite in nessun modo da parte degli apparenti amministratori. Quei funzionari e, nel caso dello stesso direttore generale Rinaldo Scaccia ed amministratore delegato della banca, - aggiunge il gip - non solo favoriscono la scellerata finzione, ma finiscono per profittare variamente delle attività illecite che su quella finzione fondano».

LE COMPRAVENDITE

Negli atti d'indagine si riporta la compravendita di un appartamento nel quartiere Trieste a Roma a favore della famiglia di Rinaldo Scaccia che subentra ad una delle società intestate a un romano, ma di fatto - sostiene l'accusa - controllata dall'imprenditore di Veroli Baldassarra. Lo stesso Baldassarra che viene fotografato dagli investigatori mentre con Rinaldo Scaccia e un familiare effettua il sopralluogo in due appartamenti di una palazzina risorgimentale nella zona di Porta Pia a Roma acquistata con un'altra società. «Anche questa intestata a un prestanome», dicono gli investigatori.
 

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