IL RAPPORTO DELLA DIA
«L’emigrazione della ‘ndrangheta di oggi, specie quella verso la Capitale - si legge nell’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia - ha certamente lo scopo di riciclare e reimpiegare i proventi illeciti conseguiti nelle aree di provenienza e di avviare nuove attività criminose, principalmente legate al narcotraffico e proiettate verso il gioco d’azzardo». Ma anche di infiltrarsi nel tessuto economico e finanziario della città, facendolo di soppiatto, velatamente nella forma ma non nella sostanza. Le ultime inchieste lo hanno confermato, più di un investigatore ne conviene: la presenza della ‘ndrangheta - o per meglio dire delle varie ‘ndrine - è molteplice e numericamente significativa rispetto alla camorra o alla mafia siciliana. La struttura è senz’altro complessa, ma non gerarchica anche perché le cosche calabresi riconoscono la presenza di organizzazioni criminali autoctone con cui scendono a patti più che decidere di far loro la guerra. Un esempio? La “cordata” Alvaro-Casamonica che nel 2009 ha fatto emergere i rapporti e le attività criminali tra la ‘ndrina di Sinopoli (in provincia di Reggio Calabria) e gli esponenti del clan nomade. Ma non è un’eccezione. La ‘ndrina Gallace-Novella di Guardavalle, provincia di Catanzaro, presente anche ad Anzio e Nettuno, ha nel tempo tessuto rapporti con famiglie criminali autoctone (Romagnoli e Andreacchio) nello spaccio degli stupefacenti. Rapporti in tal senso emergono già dal 2013 e sono stati poi suffragati dalle operazioni “Venusia” e “Caracas”.
LE FAMIGLIE
Nella Capitale - e sono sempre le risultanze delle attività investigative a dirlo - operano famiglie storiche del reggino come i Tegano, i Bellocco, i De Stefano e anche i Molè, i Piromalli, i Pesce, i Pelle. La ‘ndrina Fiarè, originaria di Vibo Valentia, legata al clan Mancuso è risultata attiva in varie zone del Centro nell’acquisizione e gestione di attività commerciali e imprenditoriali usate come bacino di riciclaggio. Sempre gli Alvaro in combutta con la cosca Palamara portano avanti gli affari illeciti nella ristorazione e nelle acquisizioni immobiliari. La ‘ndrina Mazzagatti, Poligami, Bonarrigo - originaria di Oppido Mamertina (in provincia di Reggio Calabria) - ricicla denaro sporco e traffica in stupefacenti soprattutto nell’area di Spinaceto e Tor de’ Cenci. A luglio del 2018 con l’operazione “Gioia Tauro ai Castelli” furono arrestate tre persone inserite nella gestione di hotel e case vacanze nella Capitale e a Rocca di Papa, considerate affiliate alla ‘ndrina Molè. Ne emerge un quadro abbastanza chiaro e articolato, con famiglie di ‘ndrangheta che si legano tra loro, anche attraverso matrimoni, e sfruttano al meglio il tessuto imprenditoriale della Capitale, senza trascurare le tipiche attività legate all’usura, all’estorsione allo spaccio. A conferma, le operazioni più recenti di polizia e carabinieri. Come quella del luglio dello scorso anno contro alcuni esponenti delle ‘ndrine Morabito, Mollica, Scriva, Palamara che - anche grazie al supporto di ex esponenti della Banda della Magliana - avevano messo le mani su imprese e aziende a Rignano Flaminio, Morlupo, Sant’Oreste, Capena, Sacrofano e l’operazione dei carabinieri di qualche giorno fa contro la cosca Marando che ha sgominato una consolidata e florida piazza di spaccio all’intero dei lotti popolari di San Basilio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA