«Iniziavo a disegnare qualsiasi cosa fosse a portata di mano. Mi sedevo al tavolo, prendevo una matita e un foglio, e disegnavo: la macchina da scrivere, un crocifisso, una rosa, matite, coltelli, spilli, scatole di sigarette vuote...». Nature morte a ritmo di rock. Lo racconta Bob Dylan, il leggendario musicista, cantautore, premio Nobel, che dagli anni 60 porta avanti la sua passione per il disegno e l'arte, estro e talento che come una osmosi poetica si intrecciano con la scrittura musicale. Allora canzoni, chitarra, armonica e disegni. Ma anche quadri, polittici, sculture. Un altro modo per bussare alla porta del paradiso, verrebbe da dire.
LE ARTI
L'amore per le arti visive è il cuore della bella (sorprendente) mostra Bob Dylan Retrospectrum, organizzata dal Maxxi, visitabile da oggi al 30 aprile, curata da Shai Baitel, che sceglie Roma come prima tappa europea. C'è tanta America nelle opere di Dylan, la sua America, visioni pittoriche di strade, paesaggi, cartelloni pubblicitari di motel e drive in, luci notturne e artificiali, scorci di città, persone. Uno sguardo sulla realtà, poetico ma anche molto cinematografico. Si coglie un'influenza alla maniera di Edward Hopper, ma anche qualche licenza briosa in stile Matisse. Tele, ma non solo da cavalletto, anche in grande formato, che giocano a combinare più pannelli come fossero polittici finestre spalancate sullo skyline di New York o lungo la Route 66 verso San Francisco.
Maxxi, via Guido Reni 4a. Da oggi al 30 aprile