«Ripensare centro e mare, la mia visione per una città moderna e europea»

Pierantonio Palluzzi, presidente dell’Associazione costruttori lancia una proposta di rilancio del capoluogo. «Qualità della vita e buon business così l’urbanistica può cambiare la città»

Pierantonio Palluzzi, presidente Ance Latina
di Vittorio Buongiorno
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Domenica 19 Maggio 2024, 08:40 - Ultimo aggiornamento: 08:41

«Potevo portare le mie aziende dove volevo. A Milano, a Bergamo, al nord e tutto sarebbe stato più semplice. ma non era quello che volevo». Pierantonio Palluzzi è il presidente di Ance, l’Associazione nazionale costruttori. E’ di Priverno, ma da sempre è convinto assertore del ruolo di leadership che Latina deve assumere in ambito provinciale. «Ma il capoluogo è davanti a un bivio - spiega dal suo ufficio a due passi da piazza del Popolo - deve scegliere se essere il capoluogo di una provincia povera o la capitale del sud del Lazio. Io sono convinto che ha tutto per essere una città moderna, europea, smart, deve solo volerlo».

E’ di ritorno da una trasferta di lavoro a Brescia. Prende a esempio quello che ha visto, la metropolitana certo, ma soprattutto l’aria che si respira. «In Italia, al nord ce ne sono tante di città così. Penso a Bolzano, a Pordenone, a Bergamo. Tutte realtà in cui l’urbanistica è agganciata all’economia e viceversa. E i risultati si vedono».

Quindi cosa deve fare Latina?

«Dobbiamo trovare il nostro segmento. La città è tra Roma e Napoli, ma sarebbe miope pensare di sfruttare la posizione solo per attirare i turisti. Pensiamo invece a quello che due grandi città non possono fare, Latina può crescere dal punto di vista urbanistico e soprattutto modellarsi rispetto a ciò che vuole diventare».

Partiamo dall’economia. Quale ruolo può recitare Latina?

«Puntare senza esitazioni a diventare una smart city di livello europeo. Ripensarsi in quell’ottica significa puntare ad attirare cervelli e investimenti».

Facile a dirsi, ma in concerto?

«Latina deve essere sempre di più una città universitaria, ma tutti i nuovi corsi e tutte le nuove facoltà devono avere una vocazione fortemente innovativa, puntare a sfruttare tutte le potenzialità dell’intelligenza artificiale ad esempio richiamando così non solo i ragazzi più brillanti, ma attirando anche l’attenzione di aziende e capitali stranieri. E offrendo in cambio qualità della vita e buon business».

E questo come si coniuga con l’urbanistica?

«L’urbanistica non può essere tattica e neppure strategica, deve essere una visione. Io dico che la città ha due scommesse da vincere. Il centro e la sua marina, ma bisogna avere il coraggio di pianificare con una visione unica che vada dal mare, al centro e fino alla stazione».

Da dove cominciamo? Dal centro?

«La pianta originaria è perfetta e sono 70 anni che nessuno ci ha più messo mano. Il resto della città, quello venuto su negli anni Sessanta e Settanta, beh, è stato un massacro. Però, lo ripeto, intervenire sul centro è facile. L’Ance si permette di suggerire un centro diverso da quello attuale, immaginando di arrivare al 2050 con un centro completamente pedonalizzato all’interno della circonvallazione».

Senza automobili? Rischia la fucilazione immediata.

«Noi non vogliamo impedire alla gente di arrivare in auto in centro lì dove deve andare per vivere, per lavorare o anche solo per svago. Diciamo semplicemente che le auto possono andare sottoterra lasciando spazi verdi e pedonali sopra. Latina è facile, qui c’è terra, non c’è roccia, fare parcheggi interrati sarà costoso ma fattibile».

Ci aiuti a capire, cosa proponete di pedonalizzare?

«Tutto viale don Morosini, dall’incrocio con via Diaz e lasciando aperta al traffico piazza della Libertà, fino all’Università».

Scusi, e tutte le trasversali, via fratelli bandiera, via Adua, la circonvallazione?

«Sottopassi, immagino tanti sottopassi per lasciare i tracciati delle strade come sono, e dai sottopassi si potrà accedere ai parcheggi, ciascuno potrà l’asciare l’auto vicino a dove deve andare. Abbiamo calcolato che a fronte di 400 posti auto oggi presenti in superficie se ne potranno avere 800 interrati».

E l’isola pedonale originaria? Da poco è stata ridotta, lei cosa ne pensa?

«Il progetto che abbiamo immaginato in Ance prevede di ripedonalizzare tutta via Diaz, faccio fatica a pensare di dover parcheggiare davanti a Feltrinelli».

L’altra scommessa è il Lido. Cosa proponete di fare?

«Bisogna avere ancor più coraggio. Dobbiamo pensare a una smart city affacciata sul mare e, caso unico in Italia, Latina ha anche gli spazi per fare questa rivoluzione. Di tutto quello che c’è di costruito nel tratto urbanizzato del Lido va lasciata e valorizzata solo l’ospitalità alberghiera, tutto il resto si può buttare giù».

E’ una cosa che in tanti hanno detto ma che nessuna amministrazione è mai riuscita a realizzare.

«Ci si deve sedere a un tavolo con i proprietari degli immobili e far capire che verrà riconosciuto loro un valore legittimo, verranno calcolate le cubature e semplicemente traslate all’indietro, tra il Colmata e la Litoranea. Si otterranno due benefici, un lungomare bello e completamente pedonalizzato. Alle sue spalle un quartiere con uno sviluppo di volumetrie in altezza a impatto zero, con energia autoprodotta. Non un quartiere di seconde case, ma un quartiere del capoluogo bello e affacciato sul mare».

La politica come prenderà questa sua proposta?

«Io penso bene. Serve una alleanza complessiva per fare le cose. Bisogna puntare a fare di Latina una città bella».

Latina si è candidata a capitale della Cultura, ma non è andata bene. Anzi, il progetto presentato ha attirato soprattutto critiche.

«Bisogna essere coraggiosi ma anche non avere fretta. Dobbiamo fare un percorso. E’ realistico pensare di candidare la città a capitale della Cultura nel 2032, nell’anno del suo centenario. Senza aver paura di strumentalizzazioni in un senso o nell’altro. Quello è l’anno. Perché in otto anni si può mettere in pedi un progetto in grado di vincere quella sfida. Un progetto che è legato anche alla trasformazione urbanistica, perché pianificare una città significa disegnarla ma anche raccontarla, perché una cosa così va condivisa, non può bastare portarla in Consiglio comunale».

Lei ha parlato di una città in linea, quindi immagina un collegamento che vada dal mare al centro alla stazione.

«Assolutamente sì, un collegamento che la colleghi velocemente anche al sito scelto per il nuovo ospedale, per il quale l’Ance ha regalato alla Asl e alla Regione un progetto importante, forse il primo di un ospedale realizzato con norme post covid, con dei garage che per emergenze improvvise possono essere trasformati in reparti di emergenza con 200 posti letto. E’ la stessa impostazione che bisognerà avere per pianificare la latina di domani».

Ha condiviso questo progetto con l’amministrazione comunale?

«Faremo un passaggio formale, la nostra proposta vuole essere uno stimolo».

Ma i soldi per realizzare tutto ciò? Chi ce li mette?

«Immagino un partenariato pubblico provato, ma penso anche a tutte le occasioni di finanziamento perse in questi anni perché non si era pronti con i progetti. I soldi anche pubblici si possono trovare se si è pronti al momento giusto».

Un’ultima domanda: perché lo fa? Sembra il programma, un bel programma, di un candidato sindaco.

«Non ho mire politiche, sia chiaro. Non ho intenzione di candidarmi. Sto finendo il mio mandato da presidente dell’Associazione costruttori edili e voglio lasciare un segno, non voglio che un domani mi si dice: non avete fatto nulla per cambiare le cose. Secondo noi si possono cambiare, questa è la nostra visione».

Vittorio Buongiorno

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