ROMA Gli articoli per una volta fanno la differenza. È il dubbio della vigilia, non un dubbio. Il riferimento non è a Mkhitaryan ma a Zaniolo. Che poi, a pensarci bene, dalla presenza del primo dipende l'impiego del secondo. Ma stavolta c'è di più. Perché la questione è tattica, atletica e riguarda anche le condizioni attuali di Nicolò. Che a Torino è subentrato nella ripresa, si è procurato il rigore del 3-0, dimostrando di essersi messo alle spalle l'affaticamento muscolare al quadricipite, ma ha anche sciupato un paio di ripartenze tre contro tre che con scelte diverse avrebbero potuto liberare uno dei compagni a rete. Non è dall'ultima gara di campionato che Mourinho baserà le sue decisioni per mercoledì. Tuttavia eccola lì, l'ossessione che si riaffaccia.
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La Roma si gioca un trofeo europeo dopo 31 anni ma la curiosità mista a bramosia che attanaglia media e tifoseria è capire se Nicolò sarà o meno della partita. Perché c'è una Roma con Zaniolo e una senza. Più spregiudicata, imprevedibile, sfrontata con il talento azzurro in campo, più equilibrata, compassata e quadrata senza. E qual è il miglior modo per affrontare il Feyenoord? Aggredirlo, come già accaduto nel match di ritorno col Bodø, o gestire le risorse come fatto contro il Leicester, consapevoli che l'importante sarà non subire un gol perché prima o poi la Roma il suo lo segna?
PERCHÈ SÌ, PERCHÈ NO
Mercoledì è l'atto finale.
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FUTURO DA SCRIVERE
Poi, archiviata Tirana, sarà finalmente il momento di sedersi intorno ad un tavolo e, come accade in una mano di poker, mostrare il punto. Da entrambe le parti. Perché la Roma continua (ufficiosamente) a valutarlo 60 milioni ma non vuole andare incontro alle richieste del ragazzo che, forte di questa valutazione e con il contratto in scadenza nel 2024, chiede un ingaggio da top player. Per intenderci quanto guadagnano Abraham e Pellegrini. Uno stallo che ha ingolosito diversi club, Juventus in primis. Fino a mercoledì, però, testa al Feyenoord. Anche perché a volte, basta poco per cambiare il proprio destino.