Mourinho: «Resto altri due anni, ma qui è più difficile preparare una finale»

Il tecnico interviene a una settimana dalla finale di Tirana. I dubbi su Zaniolo, Mkhitaryan e Smalling

Mourinho: «Resto altri due anni, ma qui è più difficile preparare una finale»
di Gianluca Lengua
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Mercoledì 18 Maggio 2022, 15:04

Josè Mourinho bacchetta l’ambiente in vista della finale di Tirana: «Qui c’è un’euforia generale che si sente e non aiuta a indirizzare il focus in una partita. Io vado a morire così: la prossima partita è sempre la più importante (con il Torno ndr)». Poi, la certezza sul futuro: «Ho accettato un profilo di progetto e questo progetto è di tre anni. Vedremo dopo quale sarà il progetto dopo i tre anni». Ecco la conferenza stampa integrale.  

Ha definito Roma un elemento sociale da studiare, le piacerebbe essere il Ferguson della Roma?

«Sir Ferguson è stato al Manchester più di 20 anni, io ho 59 anni quindi vorrebbe dire stare fino a 79 anni e sarebbe dura.

Capisco la domanda, a me piace tanto stare a Roma, è visibile e si sente. Ho accettato un profilo di progetto e questo progetto è di tre anni. Vedremo dopo quale sarà il progetto dopo i tre anni. Non sto né cercando né pensando a partire prima. Qualche volta i progetti si avvicinano di più a quello che uno pensa, qualche volta si allontanano. Ma il calcio è l’oggi o al massimo domani e la prossima stagione voglio stare qui».

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Indipendentemente dal risultato della finale, cosa ha già vinto?

«Difficile fare un bilancio, difficile rispondere. Domanda complicata. Non voglio rispondere». 

Ci sono molte preoccupazioni dei tifosi per la scelta di uno stadio che contiene 20 mila spettatori, che ne pensa?

«La finale in Albania è un piacere doppio: perché giochiamo una finale e perché è la prima volta che vado in Paese dove non ho mai giocato. Ho qualche amico importante importante e il fatto che lo stadio abbia pochi spettatori è l’unico punto negativo che si può trovare. Se fosse di 50, 70 mila sarebbe piccolo, se si giocasse al Santiago Bernabeu sarebbe pieno. Paesi come Albania meritano questa opportunità . Ho giocato una Supercoppa Europea United-Real Madrid in Macedonia, una finale di Europa League a Stoccolma. Sarà un peccato per i romanisti e sarà bello se Kumbulla alza la coppa». 

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Kumbulla torna a casa, giocherà titolare la finale?

«Quello che mi aspetto dai tifosi albanesi è che devono stare dalla parte nostra. Quando sei con noi, lo sei al di là se gioca o non gioca Kumbulla. Se la Roma vince la Coppa la vince anche Kumbulla e questo deve essere sufficiente per il popolo albanese. Senza questo è squilibrata, perché noi giochiamo venerdì e poi la finale mercoledì. Il Feyenoord è in vacanza, si riposa e non ha infortunati. È una situazione squilibrata».

Lei e Ancelotti siete finalisti nelle competizioni Uefa, qualcuno vi aveva dato per morti troppo presto?

«Il problema con Carlo è che quando alleni l’Everton sicuramente non vinci la Champions. Il problema con me è anche che la gente ha guardato qualche lavoro mio per vincere che non era per vincere. Non mi sono mai preoccupato di questo, non penso alle nuove generazioni e la qualità non ha nulla a che vedere con l’età. Ci sono giocatori bravissimi di 20 anni e di 40, il gol che ha fatto Quagliarella mi piacerebbe che qualcuno dei miei lo sapesse fare. E contro il Venezia lo farebbe. Quando manca la passione sei finito, quando non senti un po’ di pressione prima di queste partite significa che sei finito. Conosco bene Carletto e quando passione e qualità ci sono, siamo noi a decidere quando basta».

Non riterrebb beffardo se gli incastri andassero male e la Roma finisse fuori dalle coppe europee? E sarebbe positiva per la gente?

«Questo rischio esiste. Ci sono due finali da giocare e ipoteticamente si possono perdere entrambe e finire fuori dalle coppe. Non è una situazione facile da gestire, io sono capace di pensare solo a venerdì. Infatti, non sono contento di stare qui oggi a parlare per italiani e stranieri in un giorno dedicato alla finale di mercoledì. Non sono contento di fare un in allenamento che non lo era, sono stato seduto in panchina perché è stata una seduta “fake” per voi. È una realtà, esiste questo rischio. C’è tanta gente che pensa che l’importante sia solo il titolo, tanti altri pensano che mercoledì è una finale 50 e 50 e bisogna mettere tutto su venerdì. Altri che vogliono vincere venerdì e mercoledì. Se mi chiedete quale dei tre è la filosofia che più mi piace è tutto venerdì. Il problema è che non posso essere solo io: lo devono pensare così anche il dipartimento medico e i miei assistenti. Nell’allenamento di oggi non abbiamo nascosto nessun giocatore, quelli che non c’erano non sono disponibili: Zaniolo, Mkhitaryan, Smalling e Karsdorp. Il momento non è facile, sarebbe più facile essere già qualificati per l’Europa League». 

 

Un allenatore della sua caratura è uno spot per questa coppa che è all’inizio del percorso?

«Io mi sono emozionato perché più per me pensavo ai giocatori e alla gente. Voglio certamente il trofeo per me stesso, ma vorrei il trofeo per la gente che non vive un momento così da tempo. Sono meno egocentrico e uomo di gruppo e di club. Mi piacerebbe vincere per loro, più importante che dire quanto ho vinto io, mi piacere aiutare a farlo per club, giocatori e tifosi. Quando fai un cambio c’è sempre gente scettica e c’è bisogno di aiuto. È una nuova competizione che quando è iniziata la gente ha visto il play-off in cui non vedi la squadra tedesca o spagnola e pensano che sarà una competizione di livello inferiore. Bisogna che le squadre più importanti la prendano sul serio. Se non lo fai, vai fuori e poi in quarti, semifinale e finale arrivano squadre senza ambizione e la competizione diventa un fracasso. Marsiglia, Leicester, Feyenoord e Roma hanno avuto tutte lo stadio pieno e dal prossimo anno la gente la guarderà con più passione». 

Può spiegare le situazione di Zaniolo, Mkhitaryan, Smalling e Karsdorp?

«Mkhitaryan ha avuto quell’infortunio contro il Leicester, non ha fatto ancora un allenamento con la squadra, nessuna possibilità per venerdì e poche per mercoledì. Zaniolo poche per venerdì, penso di più per mercoledì. Ma se le poche possibilità si trasformano io lo fare giocare venerdì. Smalling è infortunato, 0% di possibilità di giocare venerdì ed è in dubbio mercoledì. Karsdorp è quello dei quattro che può recuperare, ma è ancora in dubbio». 

Sta riscontrando qualcosa di diverso a livello ambientale rispetto ad altre piazze in cui è stato?

«Sento più difficile avere la gente concentrata sul giocare la finale. Con l’Inter prima della finale di Champions avevano lo Scudetto e la gente pensava a quella partita lì e non alla prossima. A Porto lo stesso. Qui, invece, c’è un’euforia generale che si sente e non aiuta a direzionare il focus in una partita. Io vado a morire così: la prossima partita è sempre la più importante. Abbiamo cercato di fare tutto internamente, magari di sistemare le cose per la famiglia, i biglietti e altre situazioni a livello logistico. È una cosa che si sente al ristorante, al supermercato. La gente non ti dice andiamo a Torino, non c’è il Torino. Questa situazione nasce dalla gioia di giocare una finale con 50% possibilità di prendere un trofeo, ma la mentalità deve essere venerdì. È quello che mi dà frustrazione è che meritavamo di essere quinti con tanti punti di vantaggio. Per arbitri e favore e contro di noi, arbitri e favore e contro l’avversario, io che ho sbagliato, fortuna, sfortuna. Tolti questi inconvenienti dovevamo essere in quinta posizione».

Sarri ha detto che Roma meriterebbe una lotta tra Roma e Lazio come quella che c’è a Milano. Che ne pensa?

«Sono d’accordo. Non si deve guardare alla destra o alla sinistra per dire che si deve finire davanti o dietro. Io ho capito quello che significa perdere o stravincere un derby, è troppo. Ma il calcio è anche cultura popolare e gli allenatori devono impararla. Ho cercato di farlo in tutte le squadre in cui sono andato e quando diventi romanista queste cose hanno importanza. Se quinto o sesto sono la stessa cosa è uguale e questo diminuisce questo modo di pensare. La finale farà la differenza».

In allenamento Ibanez ha fatto il jolly e Spinazzola a destra, titolare a Venezia significa qualcosa in ottica Torino e Tirana?

«Ibanez è fantastico in tanti aspetti del suo gioco, meno nello sviluppare azioni. Giocare da jolly gli dà questa possibilità e avere palla in situazioni di gioco in cui ha pressione intorno a lui. Cristante lo fa da qualche mese e mi sembra abbia migliorato tanto. Peccato per il cartellino giallo di Spinazzola, ma in quei 45 minuti ha giocato senza problemi. Si allena destra perché non abbiamo Karsdorp, a sinistra abbiamo Zalewski, Una ed El Shaarawy se giochiamo a tre. In momenti di difficoltà dobbiamo giocare con quello che abbiamo e se deve giocare a destra lo farà». 

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