Rieti, Birra del Borgo: licenziamenti e locali chiusi

Birra del Borgo
di Sabrina Vecchi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 9 Novembre 2022, 00:10

RIETI - Birra del Borgo, dove eravamo rimasti? Il birrificio artigianale, nato nel 2005 a Borgorose e acquisito nel 2016 dal colosso della bevitoria alcolica Ab InBev, aveva minacciato licenziamenti lo scorso gennaio, a causa di un «riassetto operativo e riorganizzativo» che avrebbe messo a rischio il posto di lavoro di ben 42 dipendenti, oltre la metà del personale totale. Erano a rischio vari settori dell’azienda, in primis i due locali romani a marchio “Birra del Borgo”, la storica Osteria di via Silla in zona Prati e il Bancone di piazza Bologna. Le nubi sulla chiusura si erano addensate lo scorso febbraio, quando i due locali avevano abbassato le saracinesche per circa una settimana, per poi riaprire. Sembrava un falso allarme, ma non lo fu.

I passaggi. Come paventato, i contratti che scadevano a fine febbraio o più in là non sono stati rinnovati, i 42 dipendenti sono stati mandati a casa e le saracinesche dei locali romani - stavolta definitivamente - sono state abbassate lo scorso marzo. «Dell’Osteria di Prati ancora stanno pagando l’affitto - dice un ex dipendente - il locale dovrà essere riconsegnato vuoto al proprietario entro il 31 dicembre prossimo, stanno vendendo a pezzi l’attrezzatura, l’arredamento, le componentistiche».

Grande tristezza per un locale storico, che portò una sorta di rivoluzionario rinnovamento nella ristorazione romana e rammarico non solo tra i dipendenti, ma anche tra i residenti del quartiere, che si privano di un punto di riferimento ricreativo ed enogastronomico di qualità e design. «C’è stato un accordo sindacale per dare sostegno economico ai dipendenti, sono state garantite alcune mensilità, ci sono stati effettivamente dei sussidi - spiega il dipendente - tuttavia, l’amministratore delegato avrebbe avuto la facoltà di riconoscere dei bonus a coloro che avevano contribuito a rendere prestigioso il marchio di Birra del Borgo, ma non l’ha fatto: è mancata l’umanità, la riconoscenza, un piano B da mettere in atto per una visione futura».

Le prospettive. Intanto, dei cento dipendenti del 2019, oggi se ne contano circa venti, e il marchio sembra perdere appeal ogni giorno di più, tanto che alcuni partner commerciali hanno deciso di tagliare i rapporti con l’azienda nata a Borgorose. È il caso del “Caffè 46” di Vicovaro, che pochi giorni fa, a mezzo social, ha comunicato la decisione di non collaborare più con Birra del Borgo: «È stato bellissimo lavorare con voi, però da oggi le nostre strade si dividono, le scelte aziendali del birrificio, che assolutamente non discutiamo ma che non possiamo accettare visto il nostro modo di lavorare, ci hanno portato a malincuore a decidere di separarci dal birrificio. Ai ragazzi della Birra del Borgo va il nostro più grande in bocca a lupo. Sono stati anni emozionanti e pieni di soddisfazione, per i clienti ci stiamo muovendo per cercare un’alternativa più che valida». Un’alternativa poi arrivata dalla collaborazione con un birrificio del Salento. E mentre lo storico e più piccolo birrificio di Collerosso è stato rilevato dal giovane mastro birraio Matteo Corazza, il più grande stabilimento di Spedino pare non produca più birra da settimane, con scorte accumulate e minore richiesta, tanto che si è dovuti ricorrere allo smaltimento dell’invenduto presente in magazzino. «Birra del Borgo era un’eccellenza, un prodotto fatto con passione e umanità, percepito come di alta qualità e si vendeva solo in luoghi selezionati, come Eataly, a prezzo più alto - osserva l’ex dipendente. - Ora, invece, non è più un focus della multinazionale che lo ha acquisito, si svende nei supermercati. I licenziamenti sono stati effettuati per alleggerire la struttura e renderla più appetibile a un eventuale compratore. Compratore che non hanno ancora trovato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA