Frontiere blindate, ai francesi piace la linea dura di Valls

Frontiere blindate, ai francesi piace la linea dura di Valls
di Francesca Pierantozzi
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Mercoledì 17 Giugno 2015, 00:08
Per i francesi, Ventimiglia è l'anticamera di Parigi. I ragazzi che dormono sugli scogli in tasca hanno l'indirizzo del campo di Pont de la Chapelle, scriveva qualche giorno fa Le Monde. Probabilmente non sanno che la tendopoli parigina è stata sgomberata il 2 giugno. O forse è arrivata notizia che c'è un nuovo posto dove fare tappa nella capitale nel viaggio verso nord, verso l'Inghilterra: è il piazzale davanti alla biblioteca Pajol, a ridosso del boulevard Périphérique, nel 18esimo arrondissement. Ma non c'è più posto. Non devono entrare. Lo dicono le cifre degli alloggi di emergenza a Parigi, tutti pieni, (anche se il sindaco Anne Hidalgo sta provando a creare dei «centri di transito») lo dicono i sondaggi, che confermano le paure dei francesi per un'immigrazione non controllata, per la disoccupazione che aumenta, per l'insicurezza, e lo dicono anche le percentuali sempre più su del Fronte Nazionale della «Francia ai francesi», con cui tutti - sinistra al governo e destra all'opposizione - devono fare i conti.

Del muro francese di Ventimiglia i giornali hanno parlato, ma sempre con uno sguardo a Parigi. Ieri solo “Libération” ha dedicato un lungo reportage tra i ragazzi accampati sugli scogli. La stampa dà un colpo alla Francia «egoista», un altro all'Italia che «provoca». Fatica a farsi sentire la gauche della solidarietà, che 19 anni fa si sollevò quando la mattina del 23 agosto 1996 le teste di cuoio sfondarono a colpi d'ascia il portone della Chiesa di Saint Bernard, dove si erano barricati 210 sans-papiers.



DOPO 19 ANNI

Allora si mobilitarono intellettuali, artisti, attori. Ma Stéphane Hessel, l'indignato, è morto due anni fa, Léon Schwartzenberg, il medico che difendeva i sans papiers, è morto nel 2003, e Emmanuelle Béart, icona della lotta per i sans papiers, in piedi nella chiesa con un bambino in braccio davanti ai gendarmi, questo fine settimana era al festival del cinema romantico di Cabourg, bellissima in un vestito da sera che ha fatto scalpore. Al potere c'era la destra, all'Eliseo c'era Jacques Chirac, al governo Jean-Louis Debré.



Oggi il socialista Manuel Valls, fedele alla reputazione di demolitore di tabù, non ha difficoltà a parlare di ordine e fermezza, dice di respingere il sistema delle «quote» perché «la Francia non si lascia dettare la politica da nessuno». La sua popolarità va giù non perché troppo a destra, o troppo lontano dai principi «universali» della Francia dei Lumi, ma perché non è piaciuto il suo viaggio a Berlino alla finale di Champions con i figli su un aereo di Stato. Contro la Francia «egoista» si sono fatti sentire solo i militanti della sinistra radicale, i verdi (l'ex ministra Cécile Duflot ha parlato di una «Waterloo morale») e qualche socialista della «fronda». Davanti a Valls il duro, a destra sono tutti pronti a alzare la posta: se Cazeneuve blocca Ventimiglia, Sarkozy chiede già una revisione di Schengen, e Marine le Pen il suo annullamento puro e semplice. E se nei sondaggi il Fronte Nazionale continua a essere considerato un partito non affidabile al governo, alcuni dei suoi cavalli di battaglia piacciono ai più: il 52 per cento dei francesi è favorevole alla reintroduzione della pena di morte e il 67 per cento giudica che ci sono troppi stranieri in Francia.



SÌ AI LACRIMOGENI

Secondo un'inchiesta di ieri di I Telé, inoltre, l'87 per cento dei simpatizzanti di destra e il 52 per cento dei simpatizzanti di sinistra ritiene che sia stato giusto usare gas lacrimogeni e manganelli per sgomberare i sans papiers accampati a Parigi.

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