Terremoto Amatrice, dal 2016 a oggi ricostruito solo il 6,5% delle case

Terremoto Amatrice, dal 2016 a oggi ricostruito solo il 6,5% delle case
di Giusy Franzese
4 Minuti di Lettura
Venerdì 21 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 20:11

ROMA La prima forte scossa assassina di terremoto arrivò in piena notte, alle 3:36. Una potenza di magnitudo 6 che in pochi secondi rase al suolo quattro paesi, Accumoli, Amatrice, Arquata del Tronto e la sua frazione di Pescara del Tronto. 299 vittime e tantissimi feriti. Era il 24 agosto del 2016, tra pochi giorni quindi saranno passati quattro anni da quella maledetta notte e da quel grido, diffuso dai microfoni della Rai a mezz’ora dalla furia della terra (lo sciame sismico si protrarrà per mesi con un’altra violenta scossa di magnitudo 5,6 il 30 ottobre 2016) dell’allora sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi: «Il paese non c’è più, Amatrice non c’è più». Ebbene, a quattro anni, quel magnifico borgo storico (e gli altri distrutti dal sisma) ancora non c’è. La ricostruzione fuori le mura procede seppur lentamente. Ma il “vecchio” centro è ancora un cumulo di macerie.

LEGGI ANCHE Rieti, Amatrice, Di Berardino: «Il punto sulla ricostruzione a quattro anni dal terremoto»

Si stima che siano oltre ottantamila gli edifici privati danneggiati nelle zone del cratere e quelle limitrofe dal terremoto che colpì il centro Italia nel 2016. Quasi cinquantamila abitazioni subirono danni gravi, fino alla completa inagibilità. Ma nonostante i soldi stanziati oltre il 90% delle case è da ricostruire o riparare. E anche gli interventi pubblici vanno a rilento: su circa 1.500 edifici danneggiati, tra scuole, caserme, ospedali, musei, impianti sportivi, ecc. soltanto 86 sono stati ricostruiti. E così le chiese: 942 danneggiate, appena 100 riparate. 

Tornando all’edilizia privata i dati (al 30 giugno scorso) sono impietosi: le domande di accesso ai contributi sono solo 13.948 (di cui 1.242 da imprese) e finora ne sono state accolte 5.325, il 6,5% degli edifici danneggiati. Altre 7.945 sono in lavorazione, ma anche aggiungendo questo numero - che comunque si riferisce a lavori ancora da iniziare (e sempre che tutte le pratiche siano accolte) - arriviamo al 16% del danneggiato. Decisamente poco.

La regione con il maggior numero di domande presentate è le Marche (8.400, di cui 3.604 accolte, 165 respinte e 4.361 in lavorazione). Umbra e Abruzzo camminano affiancate: la prima ha un totale di 2.015 domande presentate (852 accolte, 115 respinte, 1.048 in lavorazione), l’Abruzzo totalizza 2.077 domande (338 accolte, 141 respinte, 1.598 in lavorazione). Nel Lazio - che pure ha avuto oltre diecimila edifici privati danneggiati di cui 6.649 gravi - sono state presentate appena 1.456 domande (531 accolte, 257 respinte, 668 in lavorazione).

IL NUOVO CORSO
A febbraio scorso è stato nominato il nuovo commissario alla ricostruzione, Giovanni Legnini, e qualcosa - almeno sulla carta tra ordinanze e decreti governativi per l’emergenza Covid, dal “cura Italia” all’ultimo di agosto - sembra si stia muovendo. Si punta a rendere il procedimento per l’accesso ai contributi a fondo perduto molto più snello e veloce. Affidando un ruolo da certificatore dei progetti ai tecnici e professionisti. Gli Uffici speciali, fino ad adesso assorbiti dalle istruttorie, si concentreranno sui controlli. Finora la media per avere una risposta era di trecento giorni, adesso si spera si abbassi a cento. Sarebbe un bel passo in avanti.

Intanto sono stati riaperti i termini per presentare le domande. Le nuove scadenze restano comunque molto vicine: 20 settembre prossimo per i danni lievi, 31 dicembre 2020 per i danni gravi. I contributi a fondo perduto sono rilevanti: si arriva fino al 100% del costo dell’intero intervento (compresi progetti e parcelle dei tecnici vari) anche nei comuni fuori dal cratere se si tratta di prima casa o seconda casa locata o attività produttiva; per le seconde case non locate il contributo è invece pari al 100% nel caso sia all’interno dei centri storici, del 50% fuori dai centri storici. 

INCENTIVI CUMULABILI
Mai come adesso è il momento di dare avvio ai lavori: se i contributi per la ricostruzione non coprono l’intero costo (è il caso delle seconde case fuori dai centri storici, o anche delle abitazioni principali rimesse a posto con finiture di pregio che superano i limiti di spesa tabellari) si può utilizzare per la parte residua (la cosiddetta “quota di accollo”) il superbonus del 110% previsto dal decreto Rilancio. Gli incentivi sono infatti cumulabili. 

Per accelerare ulteriormente i lavori di ricostruzione potrebbero arrivare ulteriori novità: tra queste la possibilità di varare un superbonus al 110% ad hoc per le case danneggiate dai terremoti, con un tetto di spesa più alto e una dimensione temporale che vada oltre il 2021. L’idea sarebbe anche quella di consentire la partenza dei lavori subito (con il superbonus), senza attendere l’esito della domanda dei contributi per il sisma, i quali poi - se accolti - andranno a coprire una parte delle spese. «Bisognerà apportare anche delle correzioni alle nuove procedure per ricostruire nei centri storici e nelle aree soggette a vincolo paesaggistico» ha detto il commissario Legnini. 

Altra novità in arrivo riguarda il cas (contributo di autonoma sistemazione), una cifra che va da 400 a 1.300 euro mensili a nucleo familiare (a seconda del numero dei componenti): per continuare a percepire il cas i beneficiari dovranno aver presentato la domanda per la riparazione dell’abitazione danneggiata. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA