Rapina alla Doganella, i dipendenti: ​«Ci hanno legato le mani dietro la schiena e intimato di sdraiarci a terra»

Aula
di Maria Letizia Riganelli
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Mercoledì 10 Gennaio 2024, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 18:15

«Ci hanno legato le mani dietro la schiena e intimato di sdraiarci a terra». I dipendenti della cooperativa Dognanella raccontano in aula la rapina subita il 6 novembre 2020, quando due uomini, travisati da un passamontagna e armati, entrarono nella sede per rubare gli incassi. Quel giorno Angelo Serra, 44enne viterbese, e Davide Ginevra, coetaneo siciliano, entrambi con altre rapine alle spalle, pianificarono ed eseguirono in pochi minuti il colpo. «Uno dei due aveva in mano una pistola - ha raccontato una dipendente - e dopo avermi legato e costretto a sdraiarmi a terra si è avvicinato al mio collega, un magazziniere, e gli ha “scarrellato" la pistola vicino alla faccia. Ci dicevano che non dovevamo chiamare nessuno perché sapevano perfettamente chi eravamo e dove abitavamo».

Minacce che però non hanno impedito ai due dipendenti in sede quel giorno di liberarsi e chiedere aiuto alle forze dell’ordine. «Ci siamo liberati da soli - ha continuato la donna -, il mio collega aveva le fascette messe male e si è alzato subito, così ha slegato anche me e abbiamo chiamato i carabinieri. Nel frattempo loro aveva rubato l’incasso e se ne erano andati. Non li ho visti in faccia, erano travisati da dei passamontagna e dalle mascherine per il covid. Però uno aveva l’accento della nostra provincia mentre l’altro un accento del sud».

A spiegare come gli investigatori sono riusciti a dare un volto e un nome ai due rapinatori sono stati i carabinieri del Ris di Roma che hanno analizzato alcuni reperti trovati sulla scena del crimine.

Durante la corsa per fuggire dalla cooperativa lasciarono lungo la sera un passamontagna, cappello e guanti in lattice e un mozzicone di sigaretta. E’ proprio grazie a buste “briciole”seminate che il Ris li ha inchiodati. «I primi quattro reparti - ha spiegato il carabiniere in aula - appartenevano al rapinatore originario di Viterbo, mentre quello rinvenuto sulla sigaretta a quello originario della Sicilia». Entrambi avevano già partecipato ad altre rapine e il loro dna era presente nella bancadati dei carabinieri.

Il 44enne viterbese, assistito nel processo dall'avvocato Luigi Mancini, il 7 aprile 2021 aveva tentato una rapina a Grosseto e ne aveva messe a segno due in Umbria. Rapine per cui sta scontando la pena ai domiciliari. Ginevra invece, che al momento si trova in carcere in Sicilia e ieri era in videocollegamento col suo avvocato, aveva rapinato un istituto di credito ad Asti e il Ris di Parma aveva già il suo dna lasciato procurandosi una ferita durante il colpo. Si torna in aula il 2 luglio per gli ultimi testimoni della pubblica accusa e della difesa.

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