Mourinho, caccia alla sesta: José è sempre più il re di coppa

Dopo aver vinto cinque trofei europei adesso può inseguire un nuovo primato

Mourinho, caccia alla sesta: José è sempre più il re di coppa
di Alessandro Angeloni
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Venerdì 19 Maggio 2023, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 01:15

E trenta, magari stavolta gli daranno anche la lode, visto che le ultime due sono consecutive. Budapest, 31 maggio, José Mourinho si gioca la finale numero 30 della sua carriera: 17 vinte, 12 perse. Finali, non solo europee, chiaro.

Pagelle Bayer Leverkusen-Roma, Matic intellettuale del pallone (7,5), Mancini leader (7), Mourinho condottiero (8)

Ma la finale è finale, è il termine di un percorso, il bivio conclusivo.

Trenta sono tante, la maggior parte sono finite con un trionfo, specie quelle europee, non le “finalissime” (Supercoppa europea), queste meglio lasciarle stare. Ma se parliamo di Coppa Uefa, Champions, di Europa League, di Confernce League, lo Special ha sempre fatto centro. Fine del percorso: vittoria. Tre coppe diverse messe in cassaforte, due Champions con Porto e Inter, una Coppa Uefa sempre con il Porto, una Europa League con il Manchester United e una Conference con la Roma. Coppe che Mou ha tatuate sulla pelle, compresa l’ultima, quella alzata a Tirana, lo ricordiamo ancora oggi, lui con quel cinque ben sventolato al cielo. Unico, special. Applausi.


ANNIVERSARIO
Il prossimo 31 maggio saranno passati vent’anni e dieci giorni dal suo primo successo, col “piccolo” Porto (21 maggio 2003), che già aveva una certa tradizione europea ma lui l’ha saputa rinfrescare, regalandogli la Coppa Uefa, in finale - al Estadio de La Cartuja di Siviglia - con il Celtic di Larsson, autore di una doppietta. Era il Porto dell’ex romanista Alenitchev (un gol), Derlei (due), di Vitor Baia, Costinha, Deco. Un successo sofferto, 3-2 dopo i tempi supplementari. L’anno dopo arriva la magia della Champions League e lì si completa il capolavoro, prima di volare altrove. La finale con il Monaco di Deschamps resta memorabile alla Veltins-Arena di Gelsenkirchen: 3-0 reti di Carlos Alberto, Alenitchev, ancora lui, e Deco. Coppa Uefa e Champions in due anni, aveva i capelli neri e poca esperienza da primo allenatore, ma il suo talento, il carisma, si intravedeva e non solo per i successi. Le sue squadre giocavano un calcio meno arrogante di quello attuale, erano più spettacolari, intraprendenti. L’età lo ha trasformato, lo ha reso più pragmatico: i successi hanno condizionato il suo percorso. Mou da innovatore è diventato l’emblema di un calcio asciutto, dalla gestione di piccoli grandi talenti è passato alla selezione di campioni.

E le (grandi) squadre che ha guidato lo testimoniano: ha saputo adattarsi ai calciatori a disposizione e questo è un merito, non un punto di debolezza. Sei anni dopo il trionfo di Gelsenkirchen e una serie di successi sulla panchina del Chelsea in Premier League, arriva il triplete con l’Inter, con tanto di Champions alzata sul cielo di Madrid: Milito, Milito e il Bayern è stato demolito senza appello. Lui ha salutato quella sera stessa, lo aspettava il Madrid, con cui poi ha vinto Liga e Coppa del Re. Il ritorno al Chelsea non è ricco ma una English Football League Cup se la porta a casa. Per poi passare al Manchester United in cerca d’autore, dopo l’addio di sir Alex Ferguson. Mou prova a risollevare le sorti degli insoddisfatti Red Devils e ci riesce: prima di andare via vince la Community Shield, l’EFL Cup e soprattutto l’Europa League, in finale contro l’Ajax: 24 maggio 2017, 2-0, reti di Pogba e Mkhitaryan. Quarta finale e quarto successo in una coppa europea, prima di arrivare alla quinta con la Roma, la Conference lo scorso anno a Tirana, battendo il Feyenoord grazie a una rete di Zaniolo, che ora è molto lontano, mentre Mou ci riprova. Per la sesta volta. Le finalissime non fanno per lui, ma non è questo il caso: le Supercoppe europee le ha lasciate al Milan (29 agosto 2003, 1-0 rete di Sheva), al Bayern Monaco (30 agosto 2013, 7-6 dopo i calci di rigore) e al Madrid (8 agosto 2017, Casemiro, Isco e per lo United, Lukaku). Ma questa, lo ribadiamo, finalissima non lo è. E’ solo una finale. O un finale (con la Roma), il suo.
 

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