Marine, dall'ottava divisione alla sfida di domani in Fa Cup contro il Tottenham di Mourinho

Marine, dall'ottava divisione alla sfida di Fa Cup contro il Tottenham di Mourinho
di Benedetto Saccà
5 Minuti di Lettura
Sabato 9 Gennaio 2021, 16:59 - Ultimo aggiornamento: 17:01

C’era una volta, verso la fine dell’Ottocento, un simpatico gruppetto di uomini d’affari ed ex studenti universitari che un giorno si riunì in un hotel sulle rive del Mersey a Waterloo, sette miglia a nord del centro di Liverpool (non la Waterloo di Napoleone, insomma) e decise di fondare una squadretta di calcio. Allora poteva capitare. Si usciva di casa e si tornava con un club appena fondato in tasca. La scena fu più o meno questa: fondiamo una squadra di calcio. Bene. Come la chiamiamo? Come l’albergo. Come si chiama l’albergo? Marine. Marine sia. Nacque così il Marine Association Football Club. Era il 1894. L’assurdità abnorme di 127 anni dopo (cioè oggi) il piccolo Marine si tiene a galla nel misterioso sistema della Non League inglese, cioè al di sotto del pelo dell’acqua della Football League. È nell’ottava serie, per essere proprio esatti. E da qualche tempo ha sistemato la propria sede a Crosby, ovvero a circa 1,4 miglia dell’albergo della fondazione. Poteri magici dell’incrollabile (e invidiabile) tradizione calcistica dei sudditi di Vostra Maestà Elizabeth II del Regno Unito di Gran Bretagna (e Irlanda del Nord).

Eppure. Eppure, un mesetto fa, il Marine ha tritato ogni logica e ha confezionato il clamoroso prodigio. Si è qualificato per il terzo turno della Fa Cup – una leggenda, più che un torneo di pallone – e domani pomeriggio affronterà a sorpresa, senza logica, contro ogni ipotesi, allegramente, timorosamente, addirittura il Tottenham Hotspur Football Club guidato da quell’inarrivabile genio totale di José Mourinho. E domani si va in scena a Rossett Park, in casa, anche se a porte chiuse.

Da non crederci. 

E così, chi lo sa, per un pazzo allineamento di pianeti, una drammaticamente illogica congiunzione astrale, per fortuna, bravura, follìa, perché non ci sono più le mezze stagioni, perché ci sono le scie chimiche, perché il calcio senza tifosi non è calcio, insomma, in fondo, il maligno VentiVenti ci ha regalato, tra le tante vomitevoli cose, anche il controsenso di una squadretta con uno stadio da 389 seggiolini (e 2.600 posti in piedi) che decolla oltre le galassie si atterra davanti al mostruoso Tottenham.

Poi, è chiaro, l’epica della Fa Cup è stracolma di piccoli club capaci di guadagnarsi la gloria con partenze lanciate verso l’alto. Non è la prima volta, non sarà l’ultima, e tutto è già stato visto, rivisto, commentato e ricommentato. D’accordo. Però – ci vengono in aiuto i sempre informatissimi siti inglesi – si tratterà del duello di Coppa d’Inghilterra caratterizzato dal maggior divario tra categorie nella storia. Per capirci, alla Premier League del Tottenham sarà opposta l’ottava divisione del Marine. È come se domani alle 12.30, all’Olimpico, la Roma si ritrovasse di fronte il Città di Fiuggi che gioca in Seconda Categoria. Uguale.

Poiché vive e abita in Inghilterra (e non Italia), il piccolo Marine ha avuto modo e idee per allestire nel frattempo un apparato social degno della presidenza del Consiglio dei ministri: sito web, profilo Twitter, Instagram, Facebook, tutto. Non emana Dpcm, ma poco ci manca. E, logicamente, si è subito guadagnato inaspettate e numerosissime simpatie. Tipico di chi è piccino e perde, in genere, nello sport. Come l’amorevole Chievo di vent’anni fa: era simpaticissimo a tanti (ma non a tutti), poi è andato in Champions ed è diventato insopportabile (stavolta a tutti).

Dai social, a dicembre, si è riversata fin negli arcipelaghi più remoti dell’universo una fotografia – la solita foto simbolo dell’impresa. E ritrae il portiere del Marine, il quale si chiama Bayleigh Passant e ha compiuto da settimane 20 anni, mentre fuoriesce sorridente da un supermercato portando sotto braccia due confezioni da sei di birre da 33 cl. Il tutto avviene su un marciapiede della non esattamente esaltante Crosby, in un orario probabilmente di simil-coprifuoco, all’interno di una seratona di freddo prussiano, fra alcune incuranti automobili, davanti a un albero tragicamente spoglio, tra quattro tifosi felici ma non francamente entusiasti.

Piccoli particolari: nessuno indossa mascherine né dispositivi di protezione individuale di sorta, e il soddisfatto Bayleigh veste ancora felice pantaloncini e magliettona arancione della divisa, oltre che degli improvvisati calzettoni bianchi infilati in improbabili infradito. Fin troppo evidente che, dopo la vittoria della qualificazione contro il commovente Havant & Waterlooville, non gli fosse transitato per la testa di passare da casa, o dallo spogliatoio, prima di dare avvio ai festeggiamenti alcolici. Completano il quadretto casette basse senza luci, impalcature abbandonate, un negozio chiuso, lampioni con lampade giallo scuro. Mancava solo la famiglia Addams. Vi sono luoghi sicuramente più – andremo a dire – allegri sulla Terra, ma anche solo in Europa, o in Inghilterra, questo pare di poterlo annotare senza tema di smentita.

Però. Mentre il calcio italiano si perde nelle sue pochezze tra arbitri che ancora non sono stati informati dell’esistenza del Var (e dirigenti che chiamano i ministri per ricevere informazioni su come far ottenere la cittadinanza ai calciatori), ecco, in tutto il gran marasma generale, l’Inghilterra continua a regalarci storie da raccontare, un po’ fiabesche, un po’ fantastiche, per continuare a sognare dietro a un pallone.

L’alfabeto dello sport. Da Mou e Ronaldo a Hamilton e Zanardi: un 2020 da (non) dimenticare

© RIPRODUZIONE RISERVATA