ROMA Non parla nessuno. Né Mourinho tantomeno Inzaghi. È una scelta in contro tendenza che non può far altro che strappare un sorriso immaginando il frastuono che alle 18 accompagnerà ogni pallone toccato da Lukaku. Se accompagnato da qualche centinaia/migliaia di fischietti galeotti che entreranno nonostante il divieto della Questura, alla Roma deve importare poco. Anche perché i tifosi nerazzurri si stanno già industriando con l'applicazione di Whistle, scaricabile gratuitamente sui telefonini, che riproduce un suono analogo a quello di un fischietto. La partita però più che sugli spalti si gioca in campo. Uno come il Bomber Pruzzo che queste gare le ha giocate (e vinte) ama sempre ricordare che «per quanto rumoroso, uno stadio non ha mai fatto gol». E allora palla agli attori protagonisti, in una sfida tra ex che ha perso, con l'addio di Dzeko in estate, un pezzo da 90. Sostituito per numero di maglia e mole proprio da Lukaku che guida una Roma forte di 5 successi consecutivi (3 in campionato e 2 in coppa). Inutile girarci intorno: oggi è la prova del 9. Per Romelu, arrivato a quota 8 reti in stagione, ma non solo.
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I giallorossi sono tornati in scia delle prime che si giocheranno fino alla fine un posto nella ricchissima Champions del prossimo anno ma dopo la partenza a handicap hanno bisogno di un acuto per rimettere i conti in pareggio. Quella con l'Inter può essere l'occasione giusta. È un peccato che all'appello mancheranno i quattro calciatori che lo scorso anno decisero la sfida di San Siro con assist (Spinazzola e Pellegrini) e gol (Dybala e Smalling). Al triste conteggio va sommata l'ossessione del gm Pinto (Sanches) più i lungodegenti Abraham e Kumbulla.
Non è però tempo di cercare scuse.
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