Inchiesta calciomercato, cosa sono le plusvalenze? Perché per i club sono necessarie e come nascono gli illeciti

Perché i club adottano queste strategie e da dove arrivano i pericoli

Inchiesta sul calciomercato: cosa sono le plusvalenze, come nascono gli illeciti e perché per i club sono necessarie
di Salvatore Riggio
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Mercoledì 15 Dicembre 2021, 11:31 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 14:24

Le inchieste sul calciomercato hanno fatto piombare i tifosi in un mondo fatto di bilanci, contabilità e plusvalenze gonfiate. Ambiti tortuosi per chi non ha mai affrontato l’argomento o, comunque, lo padroneggia poco. Approfondiamo il concetto sulla plusvalenza.

Cosa sono le plusvalenze?

Nel linguaggio economico, incremento di valore, differenza positiva fra due valori dello stesso bene riferiti a momenti diversi. Per quanto riguarda i club, si tratta del valore pagato per acquisire il cartellino del giocatore, in altri termini il compenso da versare al club cedente per assicurarsi lo specifico atleta. L’importo del diritto va iscritto in stato patrimoniale e ripartito lungo la durata del contratto. Il motivo? Soltanto la quota annuale rappresenta un costo d’esercizio da inserire nel conto economico sotto la voce «ammortamenti».

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Come funziona?

Un esempio è ipotizzare che una determinata società nel calciomercato 2020 abbia comprato un giocatore da un altro club a un prezzo di mille e che il contratto duri cinque anni.

Nello stato patrimoniale al 30 giugno 2021 il club acquirente iscriverà come diritti pluriennali i mille euro, mentre nel conto economico sarà registrato, tra i costi, un ammortamento dei diritti pari a 200 euro (mille diviso i cinque anni del contratto). Anno dopo anno il valore contabile dei diritti si riduce. Al termine della prima stagione il valore contabile netto (la differenza tra il costo di acquisto e la somma delle quote di ammortamento fin lì stanziate) sarà 800 (1000-200), al termine del secondo sarà 600 (1000-200-200) e così via. Fino a quando alla scadenza del contratto il valore sarà pari a zero. E se quel club decidesse di cedere prima il suo calciatore a un importo superiore rispetto al valore contabile netto? In questo caso si genera un ricavo, denominato plusvalenze. Quindi, in base all’ipotesi fatta, se l’atleta viene ceduto a una società terza dopo un solo anno a duemila, allora nel bilancio del club che lo sta cedendo andrà registrata una plusvalenza di 1200, vale a dire il prezzo di cessione (2000) meno il valore contabile (800).

 

Il vantaggio della plusvalenza

La loro caratteristica è che si tratta di un ricavo non monetario, non c’è una contropartita finanziaria. Il vantaggio della plusvalenza? Rientra nei parametri per calcolare gli indicatori di bilancio utili per ottenere le licenze nazionali o internazionali o per rispettare i requisiti del fair play finanziario. Che è poi il paletto dell’Uefa.

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L’abuso

Un club rischia di abusarne se per sistemare i conti per rispettare le regole sul pareggio di bilancio, il club tende a gonfiare il valore di cessione, così da registrare una plusvalenza maggiore. Da ricordare, tra l’altro, che non esistono regole precise sui criteri di valutazione dei calciatori: quindi, non esiste un valore corretto della transazione. Continuando l’esempio precedente, la società che ha acquistato quel determinato giocatore a 2000 facendogli firmare sempre un contratto di cinque anni, i costi annui sono pari a 400. Il doppio rispetto all’altro club che aveva messo, invece, 200.

Strategia

Ma allora perché le società adottano queste strategie? Perché il club che ha ceduto a 2000, può inserire il ricavo di 1200 in un anno. Mentre l’altra squadra può spalmare il costo di 2000 in cinque anni. L’altro aspetto è che tutta l’operazione può non avere riflessi finanziari: così in caso di dilazioni nei pagamenti le operazioni di scambio non impattano sulla liquidità.

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