D'Amato condannato per danno erariale: «Ingiusto, farò appello» `

Secondo la Corte dei Conti usò fondi regionali per fare politica

D'Amato condannato per danno erariale: «Ingiusto, farò appello» `
di Valeria Di Corrado
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Sabato 3 Settembre 2022, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 06:36

Dopo circa 15 anni dai fatti contestati, l'attuale assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato è stato condannato dalla Corte dei conti del Lazio a risarcire la sua amministrazione per un presunto danno erariale da 275mila euro, in via solidale con i suoi collaboratori Barbara Concutelli ed Egidio Schiavetti. La vicenda riguarda i contributi pubblici erogati dalla Regione Lazio, tra il 2005 e il 2008, alla Fondazione Italia-Amazzonia onlus (ancora formalmente esistente), che - stando all'ipotesi accusatoria - sarebbero stati utilizzati indebitamente, attraverso «commistioni e sviamenti», per finanziare l'attività politica dell'associazione Rosso-Verde (di cui D'Amato è stato presidente dal 2005 al 2018) e quella del gruppo consiliare Ambiente e Lavoro (da lui costituito e presieduto). I giudici contabili di primo grado sostengono che ci sia stata una «promiscuità nella gestione e la sovrapposizione delle iniziative intraprese» dalla Fondazione Italia-Amazzonia onlus e dall'associazione RossoVerde-Sinistra Europea, «atte a dissimulare l'effettivo beneficiario dei fondi, e l'utilizzo di fondi pubblici per meri interessi privati che non potevano con questi essere sovvenzionati». Ma la stessa vicenda, in sede penale, si era conclusa con la prescrizione del reato.

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LOCANDINE E CONVEGNI

«A titolo meramente esemplificativo del modus operandi - si legge nella sentenza del collegio presieduto da Tommaso Miele - si possono richiamare le spese sostenute per il materiale pubblicitario dell'evento del 4 dicembre 2005: attraverso un'alterazione dell'oggetto delle fatture sono state rendicontate dalla Fondazione Italia-Amazzonia onlus spese sostenute per pubblicizzare l'evento fondativo Nasce Rosso Verde dell'associazione Rosso-Verde (manifesti, annunci su quotidiani)».

Secondo i giudici, il danno deriva «dalla sistematica distrazione» dei fondi pubblici. D'Amato, Concutelli e Schiavetti «erano pienamente e reciprocamente consapevoli delle loro condotte finalizzate all'indebita percezione e sviamento dei contributi regionali», si legge nella sentenza, che ha invece assolto Simona Sinibaldi.

LA DIFESA

«La ritengo una sentenza ingiusta e ingiustificata - ha commentato l'assessore D'Amato - Mi considero totalmente estraneo ai fatti risalenti a oltre 15 anni fa, senza che peraltro sia stata fornita prova alcuna di un atto, o fatto, da me compiuto». «Nonostante la procura regionale della Corte dei conti per ben tre volte avesse aderito alle richieste procedurali dei miei difensori, per ben tre volte e con motivazioni infondate e sorprendenti, le ha respinte con verbali che non corrispondono all'effettivo svolgimento del giudizio. Per questo motivo sarà depositato un dettagliato esposto al consiglio della presidenza della Corte dei conti e una denuncia per falso ideologico alla procura della Repubblica di Roma». «Sono assolutamente sereno e fiducioso nel giudizio di appello e continuo il mio lavoro. Ho ricevuto centinaia di messaggi di solidarietà da cittadini comuni e questo mi riempie di soddisfazione», ha concluso l'assessore.
«Per condannare una persona ci vogliono le prove. Questa è una sentenza profondamente ingiusta e sbagliata, basata su ragionamenti logici e induzioni - spiega il professor Angelo Piazza, legale di D'Amato - Stiamo già scrivendo il ricorso». L'atto di appello sospende l'esecutività della sentenza. Tra l'altro, dovrebbe essere la Regione Lazio a chiedere i soldi al suo stesso assessore.

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