Simona e i fantasmi del passato:
«C'è un segreto inconfessabile»

Simona e i fantasmi del passato: «C'è un segreto inconfessabile»
di Raffaella Troili e Riccardo Tagliapietra
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Mercoledì 6 Novembre 2013, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 7 Novembre, 08:46

Un trauma lontanissimo, un ricordo che tornava dal passato e che nei momenti pi bui le si parava davanti, come se fosse appena accaduto. Dietro quell’infinita dolcezza, quei sorrisi spassionati che regalava a tutti, Simona soffriva, portava un dolore con sè, prova ne sono le medicine che prendeva, il ricovero in una clinica, il fatto che fosse in cura, seguita da psicologi. Era contenta dice chi l’ha conosciuta bene, però aveva tentato in passato di farsi del male, alcuni episodi di autolesionismo sono emersi dalle parole dei familiari stretti di Simona Riso, che però hanno sempre precisato: «Era solo un modo per attirare l’attenzione».

GLI PSICHIATRI

Un segreto quasi inconfessabile, una violenza subita e taciuta per anni. Con dietro, forse l’ombra di un mostro, qualcuno che le era vicino e ha approfittato di lei, lasciandole un marchio nel cuore che l’ha logorata per anni, senza che nessuno capisse quanto forte era il suo dolore. I medici si trincerano dietro il segreto professionale ma agli investigatori qualcosa hanno detto. «Lavoriamo sull’ipotesi che il trauma subito da piccola riaffiorasse nei momenti di crisi», rivela una fonte investigativa. Simona si era ripresa, ripetono il fratello Nicola e l’avvocato Sebastiano Russo, lavorava, era felice, nonostante la stanchezza. «Ce l’aveva fatta», «aveva superato l’anoressia», «una delusione d’amore», dicono, eppure talvolta il passato tornava a riaffacciarsi cattivo. In quei casi Simona Riso già si era fatta del male, in quelle circostanze, come ha detto ai suoi soccorritori anche mercoledì scorso, confessava: «Sono stata violentata». L’aveva già fatto due volte. Ma forse la sua voce era stata troppo debole, probabilmente soffocata da chi le era vicino, oppure lei non aveva insistito. Ma quell’abuso che lei rivendicava, dalla sua testa non se n’era mai andato, diventando alla fine un male incurabile, un incubo che ogni tanto riaffiorava costringendola a cercare una via di fuga nel dolore. Forse l’unico modo che conosceva per attirare l’attenzione di qualcuno, per scaricare la rabbia di un’antica violenza.

TUTTO FALSO «Non era vero», dice qualcuno di famiglia, quanti la proteggeranno a tutti i costi. Ma chissà se i ricordi lo erano. «E’ tutto da verificare» ripetono i carabinieri di piazza Dante, la voce può essere arrivata dalla Calabria, terra d’origine di Simona, da San Calogero il paesino dove è nata e cresciuta, vicino Vibo Valentia. «Sono stata violentata». Pare che Simona dicesse così, quando crollava, quando la disperazione prendeva il sopravvento e la portava a compiere gesti sconsiderati. L’ipotesi dell’omicidio, su cui sta indagando il pubblico ministero Attilio Pisani, un atto quasi dovuto, resta in piedi. La vicenda è comunque ancora tutta da chiarire. «Non ne so niente e soprattutto non è rilevante davanti a una morte per omicidio colposo» afferma l’avvocato Russo. Gli elementi che possano giustificare una tesi del genere sono flebili, soprattutto alla luce delle novità che trapelano dalla vita di Simona Riso. Verità nascoste tra le mura di casa, nell’anima della 28enne calabrese, partita qualche anno fa da San Calogero e approdata prima Milano, poi a Roma. I nuovi tasselli disegnano un altro finale, su cui occorreranno ulteriori verifiche. Simona Riso era stata violentata anni fa da qualcuno che conosceva bene. E proprio questo episodio l’avrebbe portata a un lento declino psicologico, mitigato a colpi di antidepressivi, colloqui con psichiatri e ricoveri in clinica. Il tutto alternato da crisi violente, sfociate un paio di volte in gesti «quasi estremi», dove la ragazza tentava di comunicare qualcosa che nessuno ha capito, o ha voluto ascoltare. Le stesse frasi che ha pronunciato all’orecchio del soccorritore del 118 arrivato per salvarla, trasformato involontariamente in un confessore, a cui Simona ha sussurrato la verità prima di chiudere gli occhi.

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