Coppa Città di Rieti, si racconta il “chirurgo degli alianti” Marco Forcina, da trent'anni al Ciuffelli

Marco Forcina
di Giacomo Cavoli
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Sabato 21 Agosto 2021, 07:55

RIETI - Lui è uno degli angeli custodi del Ciuffelli, che entra al mattino ed esce alla sera per quasi tutta la settimana e non gira molto fra le strade interne dell’aeroporto, ma tutti sanno che c’è e che possono fare affidamento su di lui in qualsiasi momento. Perché l’esperienza di Marco Forcina (nella foto), perito industriale capo tecnico per le costruzioni aeronautiche, è una merce rara, di lunga e difficile formazione: per trovare infatti qualcuno che sappia come smontare un aliante, riverniciarlo da zero, valutare un danno ed effettuare piccole riparazioni, bisogna quantomeno spingersi fino dentro gli Aero Club e le aziende specializzate del nord Italia, se non addirittura all’estero. E invece Rieti il suo piccolo “chirurgo degli alianti” ce l’ha direttamente dentro casa, in uno degli storici hangar del Ciuffelli («Nei piani di Enac era addirittura da demolire, ma poi per fortuna ci hanno ripensato») che, soprattutto nelle roventi giornate estive della Coppa Internazionale del Mediterraneo e della Coppa Città di Rieti, aumenta a dismisura il suo carico di lavoro, quando non si contano più i pellegrinaggi di chi chiede un intervento salvifico del “chirurgo” pur di poter tornare subito in volo. Perché c’è chi vola, e chi ama far volare: e Marco è uno di quelli che aiuta gli altri a dispiegare le loro ali.

Una vita per il volo

Da Tivoli, Marco a Rieti arrivò nel febbraio del 1990, a 20 anni, e da quel momento non se n’è mai più andato: «A quel tempo, l’Aero Club Centrale aveva una sua officina certificata e funzionante, ma aveva necessità di rinnovare il personale, affiancando un giovane alle due persone più esperte ed anziane che l’avevano guidata fino a quel momento – racconta Marco – Il Centrale contattò quindi l’istituto tecnico industriale di Roma, dove avevo studiato specializzandomi poi in costruzioni aeronautiche, il quale segnalò il mio nome insieme a quello di altre 30 persone. Alla fine l’Aero Club selezionò me, un po’ per merito e un po’ perché molti si autoesclusero: nella logica del romano medio, che la domenica va allo stadio e l’estate al mare, trasferirsi a vent’anni a Rieti negli anni ‘90 per lavorare anche la domenica e l’estate era infatti una follia. Ma a me non pesava: d’estate lavoravo già in falegnameria insieme a mio padre e mio nonno e quindi ero abituato, oltre al fatto che, venendo dalla provincia, sapevo già quanto la vita fosse migliore rispetto ad una città caotica come Roma. Rieti non mi è mai pesata: sono arrivato qui nel febbraio del ‘90 e oggi dico che non me ne andrei per nulla al mondo. E credo anche che i reatini non comprendano fino in fondo in quale bolla di felicità si trovino».

Poi nel 2000 l’officina chiuse, arrivarono cinque, lunghi anni di trasferta giornaliera a L’Aquila in un’al/tra azienda specializzata e alla fine la decisione di tornare a Rieti per riprendere da dove tutto era cominciato: «Quando arrivai, a vent’anni, il presidente del Centrale Piero Pugnetti fece un grande investimento, perché all'epoca non era facile pensare di puntare su un’officina tutta interna all’aeroporto – prosegue Marco – Quell’officina dove ho iniziato, ufficialmente ha chiuso nel 2000 e ora ci sono io che, come artigiano, ho ripreso in mano quello che nessuno avrebbe idea di fare, cioè un investimento che non restituisca in tempi rapidi quanto speso. Ma in questo modo ho coronato il sogno della mia infanzia, io che da casa mia ho passato le mie giornate di bambino osservando con il binocolo gli aerei che decollavano dall’aeroporto di Guidonia».

Certo, la vita del freelance da manutentore di alianti non è esattamente una passeggiata, ma Marco sa come si fa: «A me si appoggiano sia l’Aero Club Rieti che tutti i piloti i quali, transitando per Rieti, hanno bisogno di revisioni o piccoli riparazioni, come in queste giornate di gara, quando capita magari qualche piccolo danno durante la gara: va a finire che, in questi giorni, i piloti impegnati nelle gare mi chiamino anche di notte, per cercare di tornare in volo il mattino successivo.

L'aliante è una macchina sicura perché ha pochi componenti e non ha un motore, ma come tutti i velivoli deve essere sottoposto ad una manutenzione periodica e non si deve aspettare l’avaria. Questo alza il livello di sicurezza e permette anche ad alianti non troppo giovani di proseguire la loro vita in volo. Qui il flusso di lavoro è stabile, in media passano una trentina di alianti l’anno, tra chi ha bisogno della riverniciatura che viene fatta ogni 20 o 30 anni o per altri tipi di manutenzione ordinaria. Il più vecchio aliante che ho avuto in officina? E’ del 1977».

Il premio letterario

Poi, quando passano gli anni, i piloti e i racconti finiscono per accumularsi in ogni angolo dell’hangar, allora la passione di Marco dà vita prima a “Voci di hangar”, l'unico sito web italiano di letteratura inedita (e non solo) a carattere squisitamente aeronautico e, alla fine, anche al concorso letterario “Racconti tra le nuvole”, giunto alla sua nona edizione, in collaborazione con l’Hag, l’Historical Aircraft Group, associazione di velivoli storici.

«Il Premio è nato qui dentro, in questo hangar, in una grigia giornata di ottobre, quando nel 2012 l’Istituto Bibliografico Napoleone decise di concludere l’esperienza iniziata due anni prima con il Premio Penna Alata» rivela Marco. Nelle prime due edizioni, ad essere pubblicati nell’antologia dei testi vincitori furono Marco e Stefano Gambaro, il padovano pilota di linea ormai da anni reatinizzato a pieno titolo, presenza costante del Ciuffelli e presidente dell’Hag, fra gli organizzatori del Premio. «Aspettavamo la terza edizione e quando capimmo che non ci sarebbe stata, con Stefano abbiamo deciso di dare noi vita ad un nuovo concorso». Nel 2013 nacque così “Racconti tra le nuvole”, il premio tutto a carattere aeronautico «per far raccontare ai piloti loro esperienze, con l’intento di diffondere la cultura aeronautica, sempre bistrattata nel nostro Paese. Le storie sono nell'aria – continua Marco - Le raccontano i piloti quando tornano a Rieti che, in questo senso, è una miniera d’oro per storie a tema aeronautico. Il dramma, però, è che i piloti le raccontano ma non le scrivono e così per fare leva su di loro è nato il premio, affinché chi sta a terra possa vedere meglio ciò che accade ad un'altra altezza. L'uomo della strada non ha le idee chiare di quello che avviene in aria e il premio apre una finestra su un mondo strano, particolare e sconosciuto ai più, che è quello del volo».

In nove anni, sono stati in tanti a cimentarsi nel tentativo di rientrare nell’antologia dei vincitori pubblicata ad ogni edizione dal Premio: chi non ce la fa trova comunque spazio all’interno di “Voci di hangar”, mentre nel frattempo il Premio ha sviluppato anche la sezione dedicata ai racconti aeronautici riservati ai personaggi che hanno lasciato il loro marchio nella storia nel mondo dell’aviazione. E con chi poteva cominciare, se non con l’interesse rivolto a Celestino Rosatelli – nato a Belmonte - l’ingegnere storico progettista di aerei costruiti dalla Fiat a partire dagli anni ’20 e fino alla fine della seconda guerra mondiale. I racconti prodotti dai partecipanti a “Racconti tra le nuvole” sono stati quindi raccolti nell’antologia fatta stampare dal Comune di Belmonte in occasione della cerimonia d’inaugurazione, avvenuta nel 2019, del monumento dedicato a Rosatelli nel piccolo comune, realizzato dall’artista Roberto Melchiorri a 74 anni dalla scomparsa dell’ingegnere.

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