Rieti, la protesta di Bianchetti
al Coni: «La Fci mi discrimina».
La Federazione stigmatizza

La protesta di Cristian Bianchetti (Foto Davide Fracassi/Ag.Toiati)
di Emanuele Laurenzi
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 19:06
RIETI - Il ciclista reatino Cristian Bianchetti, 42 anni, prosegue la protesta nei confronti della norma etica che da anni lo esclude dalle competizioni amatoriali della Fci. Questa mattina Bianchetti ha fatto irruzione nel salone d’onore del Coni durante la riunione degli stati generali dello sport Italiano ai quali erano presenti (nella foto Davide Fracassi/Ag. Toiati) anche il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con Delega allo Sport, Giancarlo Giorgetti, e Simone Valente, anch'egli Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega ai Rapporti con il Parlamento, oltre a un membo del Cio e a tutti i rappresentanti delle altre Federazioni e degli Enti. Bianchetti ha chiesto direttamente al presidente del Coni Giovanni Malagò le motivazioni di tale discriminazione in una diretta facebook sulla pagina “Io non sono reatroattivo” che da oltre un anno racconta le battaglie per il riconoscimento del suo ”diritto” allo sport.

LA STORIA
Nel 2005 il ciclista reatino fu trovato positivo allo stanozololo, sostanza famosa per essere costata la squalifica a Ben Johnson. Bianchetti dichiarò subito la sua estraneità alla vicenda e si difese, puntando anche su una serie di anomalie legate a quel controllo fatto dopo una gara su pista a Forlì. Quattro anni dopo fu assolto con formula piena a livello penale. «Non chiesi però l'assoluzione sportiva - spiegò in un'intervista a Il Messaggero nel 2015 - perché non mi affidai ad un avvocato, anche per questioni economiche».

Messo tutto alle spalle, Bianchetti riprese a gareggiare nelle categorie amatoriali, raggiungendo anche ottimi risultati. Tutto sembrava finito, finché non è arrivata la doccia fredda. «A gennaio 2014 - spiegò - è entrato in vigore questo
codice etico che riguarda solo il ciclismo e, soprattutto, solo gli amatoriali e i dilettanti e, soprattutto, non tiene conto dell'assoluzione penale. Io ormai sono fuori tempo per chiedere l'assoluzione sportiva. Il risultato è che oggi potrei gareggiare tra i professionisti dilettanti ma non tra gli amatori».

Per un appassionato che ha già lottato e vinto la sua battaglia è una mazzata troppo dura da accettare. Cosa fare? La scelta è stata quella di gridare al mondo il senso di ingiustizia raccontando la storia sul web e aprendo una pagina facebook dal titolo «Io non sono retroattivo». «Sono a favore della norma etica - conclude Bianchetti - ma non della sua applicazione retroattiva. E' un principio senza fondamento, incostituzionale, discriminante e medievale. Sto ricevendo sostegno da tanti amici e persino dai miei avversari. Invito tutti a sostenermi mettendo un mi piace sulla mia pagina facebook».

LA REPLICA DELLA FCI
Riguardo alla contestazione da parte di Cristian Bianchetti, in passato squalificato per doping e pertanto ritenuto “non etico” in base alla normativa attualmente in essere, contestazione che ha turbato i lavori degli Stati Generali del CONI di oggi a Roma presso il Salone d’Onore del CONI, il presidente della Federazione Renato Di Rocco, nello scusarsi a nome di tutto il movimento ciclistico, sottolinea con forza che il ciclismo è stanco di dover continuare a sopportare che persone squalificate per doping insistano a frequentare il mondo amatoriale e sportivo in generale, imponendo inoltre la propria presenza anche in contesti istituzionali come l’appuntamento di oggi.

Riguardo alla legislazione etica si ricorda che il Collegio di garanzia del Coni ha confermato l’indirizzo federale, esaltandone il valore sportivo e la tutela del benessere fisico. Nelle motivazioni della sentenza, lo stesso Collegio, ha ricordato che: “I principi etici che contrastano con severità l’uso del doping sono dunque un pilastro irrinunciabile per l’esercizio della pratica sportiva. L’esistenza di regole internazionali antidoping non esclude affatto, ad al contrario richiede, che siano adottate disposizioni attuative nazionali o federali, come è il caso, ad esempio, della normativa con cui la FCI nel 2014 ha deciso di limitare il tesseramento per la categoria amatori.

"Il ciclismo ha cambiato pagina - dichiara il presidente Di Rocco - è sano ed è uno degli sport più controllati al mondo e non ha nessun interesse a modificare il proprio percorso di una disciplina seria e praticata da atleti modello ed altamente qualificati.

“Il nostro sport – conclude il presidente Di Rocco - ha già pagato enormemente in termini di immagine e credibilità per colpa di pochissimi soggetti che non vogliono rispettare e sottostare alle regole. In questo momento la bicicletta rappresenta il benessere fisico, il futuro sostenibile, attraverso una mobilità consapevole, e la possibilità di godere appieno delle bellezze artistiche e paesaggistiche che il nostro Paese possiede.”
© RIPRODUZIONE RISERVATA