All'appello del presidente Alessio Piermarini hanno risposto solo gli stoici David Festuccia e Walter Sabetta, ma tre su 19 componenti erano davvero pochini per decidere - all'unanimità, come di prammatica - l'assegnazione delle tre cittadinanze. Né sono servite le ripetute telefonate di Piermarini per recuperare alla causa qualche consigliere smarrito. Impresa improba, il 2 di agosto.
«E pensare che il sindaco Angelo Sacchetti Sassetti minacciò le dimissioni quando il consiglio comunale decise di intitolare il teatro a Flavio Vespasiano piuttosto che a Giuseppe Ottavio Pitoni», dice Tito Cheli, che da giornalista «riscoprì», nel 1978, la storia e le opere di un musicista punto di riferimento assoluto - meglio, «l'oracolo di Roma», come lo descrive il professor Gmeinwieser nella pagina della Treccani a lui dedicata - per la musica sacra italiana a cavallo tra Sei e Settecento.
Pitoni, reatino di nascita, per un breve periodo maestro di cappella in Cattedrale, lasciò presto Rieti per girare in lungo e in largo chiese, collegi e cappelle romane fino ad approdare in San Pietro, dal 1719 fino al 1743, anno della sua morte. «Concedergli la cittadinanza benemerita è un modo per ristabilire un trait d'union tra un grande della musica sacra italiana e la sua città d'origine». Consiglieri comunali permettendo.
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