Zingaretti pensa al congresso. La tentazione delle elezioni

Zingaretti pensa al congresso. La tentazione delle elezioni
di Marco Conti
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Giovedì 31 Ottobre 2019, 01:15 - Ultimo aggiornamento: 14:02

Quando non si riesce a trovare il bandolo della matassa, o si teme di perderlo, non resta che indire un congresso e appellarsi a Groucho Marx: «Questi sono i miei principi, se non vi piacciono ne ho degli altri». La disponibilità offerta ieri da Nicola Zingaretti a convocare un nuovo «congresso per tesi» - dopo l’ultimo celebrato nove mesi fa - ha sorpreso buona parte del Pd, escluso Andrea Orlando che lo invoca da tempo. Ma poiché «la fase politica è nuova», un congresso ci potrebbe stare, «basta che non sia una conta», suggerisce Lorenzo Guerini. Quindi un congresso dove non si discute della segreteria - oltre a rievocare la stagione del centralismo democratico - rischia di svuotare di senso l’assemblea nazionale di Bologna programmata per metà settembre e rinviare anche la definizione degli assetti interni promessi da Zingaretti.

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LA PISTOLA
Svolgere l’assise in primavera per proporre la tesi di un’alleanza strutturale con il M5S, mentre Di Maio continua a dire “no”, potrebbe alimentare le incognite sul futuro del governo o tramutarsi in una forte arma di pressione qualora sul piatto venisse messo il voto anticipato. D’altra parte da quando il Quirinale ha fatto sapere che dopo l’attuale governo è molto complicato - se non impossibile - immaginare altre formule, c’è chi nel Pd ha preso coraggio e pensa di poter mettere una pistola alla tempia del M5S in modo da spingere l’alleato a cedere o a subire il voto anticipato. Tanto più se, in costanza di referendum costituzionale sulla legge che taglia i parlamentari, c’è la possibilità di tornare al voto con un Parlamento da 915 poltrone.

Poichè il principio dell’eterogenesi dei fini fa spesso brutti scherzi c’è però il rischio che quella sorta di “tesi-ultimatum”, che potrebbe uscire dal Congresso Pd, possa alla fine avvantaggiare proprio la Lega. Matteo Salvini ha registrato con una certa soddisfazione, mista a sorpresa, la precisazione filtrata dal Quirinale e ha aumentato il pressing su un manipolo di senatori grillini in cerca di una nuova “casa”. Andare al voto con il Parlamento pre-taglio mette a disposizione di Salvini molti più posti da distribuire non solo a Forza Italia, ma anche ai senatori grillini che, nostalgici del governo gialloverde, potrebbero aiutare la spallata magari spostandosi - per ora - nel Misto. Tatticismi che si mescolano al complicato confronto in atto nella maggioranza sulla legge elettorale. L’accordo che ha il Pd con il M5S e gli altri alleati è di presentare un testo entro dicembre.

La prossima settimana i capigruppo dei partiti di maggioranza torneranno a riunirsi, ma l’intesa è ancora lontana. Nel Pd c’è chi, come Stefano Ceccanti, continua a sostenere la necessità di un impianto che non archivi il maggioritario. Mentre più pragmaticamente Federico Fornaro (Leu) continua a pensare che «quattro secchi raccolgono più acqua di uno solo». Quindi meglio una legge proporzionale che piace anche a Italia Viva, ma soprattutto a Di Maio che la interpreta come l’ultima occasione che ha il M5S per tornare ad essere «terza via».

L’USCITA
Una strategia, quella del leader grillino, che deve però fare i conti con le pressioni che arrivano da palazzo Chigi e dall’ala sinistra del Movimento, Roberto Fico in testa, che invece considerano il risultato negativo in Umbria un episodio e ritengono inevitabile la costruzione di un fronte antisovranista insieme al Pd. Sinora Giuseppe Conte si è guardato bene dall’alimentare i sospetti del leader grillino, ma specie al Senato i fan della corrente “giuseppi” crescono di giorno in giorno. In attesa che Conte compia il passo più politico della sua stagione di leader, nel governo c’è Dario Franceschini che dà le carte per conto del Pd, mentre il sostegno di “Base Riformista” (gli ex renziani) alla segreteria non è indolore.

Un congresso anticipato potrebbe invece servire a Zingaretti per serrare i ranghi rilanciando una segreteria nata per fare opposizione ai gialloverdi e che ora si ritrova al governo con un ex avversario, il M5S, e due partiti, Leu e IV, frutto di scissioni. Ma se il congresso non sarà l’occasione per definire il perimetro delle alleanze può essere magari l’occasione per favorire il rientro di una parte degli ex come quelli di Articolo1. Anche perché «ora che Renzi è uscito» si può spostare «più a sinistra il Pd» come chiede il presidente della Toscana Enrico Rossi.

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