Il coltello di ceramica con una lama di 20 centimetri, utilizzato per l’accusa da Esposito, è stato ritrovato a casa dell’amico che ha partecipato al festino, Danilo D.G.: era nascosto in bagno insieme ai vestiti sporchi di sangue di entrambi i giovani. Ieri l’arrestato, che mai in passato era finito nei guai per questioni giudiziarie, ha avuto un colloquio in carcere con l’avvocato Antonello D’Aloisio, che lo difende insieme al collega Cristiano Sicari. «Mai avrei immaginato di finire in galera per essermi solamente difeso», ha ripetuto più volte il dentista. Il professionista nega di aver avuto rapporti sessuali con il trans: in base alla versione difensiva, lui pensava di aver ingaggiato una prostituta. I problemi, sempre secondo l’indagato, sarebbero sorti quando la trans pretendeva di essere pagata: «Voleva colpirci con una bottiglia di vetro rotta: noi ci siamo solo difesi e abbiamo riportato anche delle ferite».
Stamattina avrà la possibilità di raccontare la sua versione dei fatti davanti al giudice. Ieri, intorno alle 10, il pm Ponziani ha raggiunto l’appartamento per un sopralluogo insieme ai carabinieri della stazione di Chieti scalo, guidati dal luogotenente Filippo Scarcia, e ai militari del nucleo operativo e radiomobile, diretti dalla tenente Maria Di Lena. La posizione di Danilo D.G., già ascoltato in caserma domenica mattina, è ancora al vaglio degli inquirenti: sempre ieri l’uomo è stato interrogato dal pm, negli uffici della Procura, come persona informata sui fatti. Secondo il racconto della vittima, infatti, lui non avrebbe partecipato all’aggressione. Anzi: per chi indaga sarebbe intervenuto per riportare la calma, ma invano. Rischia di finire nei guai per una eventuale ipotesi di favoreggiamento anche il papà di Esposito. Avvisato dal figlio domenica mattina, l’anziano è stato notato dai carabinieri mentre lavava le scale del palazzo in cui è avvenuto il festino. Alla vista dei militari, il genitore è fuggito nello studio dentistico al piano inferiore rispetto a quello in cui si trova l’appartamento. Forse si è trattato di un gesto istintivo legato allo spavento, fatto sta che l’anziano - dopo una ventina di minuti - ha aperto la porta agli investigatori. E ha confermando che è stato il figlio, quella notte, a utilizzare la mansarda.
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