I segreti del successo della rassegna JazzUp svelati dal direttore artistico Giancarlo Necciari

Da sin: Javier Girotto, Peppe Servillo, Natalio Mangalavite
di Carlo Maria Ponzi
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Venerdì 10 Novembre 2023, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 19:16

Giancarlo Necciari, direttore artistico di JazzUp Festival: mancano tre concerti al termine della rassegna. Un primo bilancio.

“Molto positivo. Il festival ha la necessità di creare il giusto rapporto con le richieste del pubblico, che esige qualcosa di particolarmente originale, selettivo rispetto a quelle che sono invece tutte le informazioni o l’intrattenimento erogati dai media tradizionali. Da qui, cercare fare scelte accuratamente studiate per un pubblico che ha bisogno di essere stuzzicato, addirittura scosso da un evento live di cui non può usufruire quotidianamente, perché le persone sono soddisfatte quando trovano, all’interno delle nostre scelte, particolari affinità con le tematiche con le quali si confrontano ogni giorno. Trovo estremamente interessante che un artista come Peppe Servillo, che non è propriamente “jazz” ma è il teatro fatto persona, insieme a due grandissimi musicisti come gli argentini Javier Girotto e Natalio Mangalavite, abbia raggiungo sabato scorso un’audience spettacolare, con il teatro stracolmo, evento che ha dato grande soddisfazione al team”.

Il Festival si conferma appuntamento ineludibile per gli amanti del Jazz. Grazie a quale segreto?

“Il jazz visto come elemento di rilievo, di altezza nella proposta: siamo tutti interessati a vivere momenti esclusivi, che possano anche dare un appagamento alla nostra sete di cultura, rispondere alle necessità non quotidiane, ma che arrivano dall’interrogarsi, dal mettersi in discussione, dal vivere con determinati valori che da qualche parte devono avere un punto di sfogo. Il jazz, come altri generi spiccatamente musicali, riesce a dare questo respiro, quest’esposizione dell’animo e dell’interiorità di chi ascolta: non è tanto la presenza del musicista più o meno famoso la sola chiave di volta, ma è anche il fatto che lo stesso musicista riesca ad accordarsi con chi lo sta ascoltando.

Un altro “segreto” è che all’interno di un luogo chiuso come un teatro si crea una dialettica funzionale, in una dimensione che si allontana dallo spettacolo e si avvicina all’interazione prima di tutto emotiva”.

Viterbo quale regalo si attende nei prossimi mesi?

“Vogliamo sviluppare la sezione “New generation”, che già quest’anno sta avendo ottimi feedback e che coinvolgerà sempre di più le scuole di musica del territorio. Vogliamo stringere il cerchio di tutte le attività legate alla musica ed alla didattica musicale per cercare di amalgamare ancora di più lo spirito e di conseguenza il sentore che genera la manifestazione. In secondo luogo, proposte esclusive all’interno di una tempistica differente da quella del festival, ma è un passaggio non gestibile né ipotizzabile adesso. L’obiettivo è essere competiti ed essere pronti a sfruttare l’occasione di portare a Viterbo artisti internazionali intercettandoli durante i loro tour”.

Gli appuntamenti del week-end?

“Sabato, ore 21, “Note in fuga”, con Lisa Manara (voce),   Claudio Vignali (pianoforte), con le fughe di Bach filo conduttore del concerto. Domenica,  ore 18, il duo Ruggero Bonucci (basso elettrico) e Nicodemo Destito (pianoforte): “65 milioni di anni”: composizioni originali ispirate al repertorio americano Jazz-Fusion.

Carlo Maria Ponzi

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