Terni, "Finanziamenti pubblici non dovuti per 205mila euro": la corte dei Conti condanna azienda ternana

Terni, "Finanziamenti pubblici non dovuti per 205mila euro": la corte dei Conti condanna azienda ternana
di Nicoletta Gigli
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Giovedì 9 Novembre 2023, 07:47

TERNI - Un danno erariale da 205mila euro.

E’ la cifra che la corte dei Conti dell’Umbria chiede indietro all’azienda Gpi Technology di Terni e al suo amministratore unico, Francesco Bartoli.

La sentenza della sezione giurisdizionale per l’Umbria è legata alla presunta, indebita percezione di contributi pubblici per l’acquisto di un macchinario che furono erogati all’azienda ternana da Sviluppumbria nell’ambito del programma regionale Pr Fesr della Regione Umbria.

Il danno erariale stimato, 88mila euro da restituire all’Unione europea e 116mila al ministero dell’economia e delle finanze, è rappresentato dalla quota di finanziamento non restituita dalla società ternana a Sviluppumbria.

La scure della corte dei conti arriva su una vicenda che, esplosa dopo un’indagine della guardia di finanza di Terni, è diventata un processo penale che vede imputati Bartoli e un ternano dì 68 anni, rappresentante dell’azienda Co.I.Mont.

con l’ipotesi di reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

La procura generale, con la citazione dell’aprile 2022, ha citato a giudizio la Gpi Technology e il suo amministratore unico prospettando la sussistenza di un danno pubblico da 205mila euro per indebita percezione di contributi pubblici.

Che sarebbero stati incassati fingendo di voler acquistare un macchinario nuovo quando ne sarebbe stato comprato uno usato. E questo per consentire all’impresa di accedere ai fondi comunitari e nazionali gestiti dalla Regione Umbria.

Ieri la sentenza della corte dei conti, che ha sposato in toto le richieste della procura mettendo nero su bianco la condanna a pagare la cifra stabilita.

«Poiché l’ammontare finanziato non risulta ancora integralmente restituito all’ente pubblico sussiste un danno erariale di 205.398,81 euro, pari appunto alla quota del finanziamento non restituito - si legge nella sentenza. La domanda va accolta, in quanto risulta provato che il convenuto ha agito in maniera cosciente e premeditata, con la chiara intenzione di trarre ingiustamente profitto da risorse pubbliche».

Per la corte dei conti «c’e la prova della volontà dolosa del convenuto, evidente sin dal momento in cui ha proceduto all’acquisto di un macchinario manifestamente inadatto, rispetto all'uso specifico che era stato oggetto di finanziamento pubblico. Questo agire doloso ha comportato, quindi, uno sviamento dei fondi pubblici dalla destinazione prevista».

A difendere l’azienda e l’amministratore unico, Francesco Bartoli, l’avvocato, Marco Gabriele: «Prendiamo atto e rispettiamo la sentenza emessa dalla corte dei conti - dice - ci aspettavamo però un esito diverso, soprattutto alla luce del supplemento istruttorio disposto dal collegio in corso di causa, il cui esito avvalorava le nostre argomentazioni. Anche per tali motivazioni - aggiunge Marco Gabriele - stiamo già valutando di ricorrere in appello».

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