Il ruolo di Pau Lopez, in tutto questo, è simile a quello di un altro uomo di movimento. E’ lui a dare inizio all’azione del gol di Zaniolo con una rimessa dal fondo centrale su Veretout, ma questo lo fanno tutti i portieri. Quello che tutti non fanno, però, è fungere sistematicamente da libero, quindi da regista della fase offensiva. Pau Lopez viene prima (ri)chiamato in causa da Mancini, con palla smistata a destra su Cetin, poi da Pastore al quale lo spagnolo, dopo aver controllato la situazione, restituisce il pallone al limite dell’area. E’ proprio El Flaco, come detto, a ricevere “bassissimo” l’ennesimo passaggio di Pau Lopez e ad appoggiare verticalmente a Mancini: lancio profondo su Spinazzola, assist e gol di Zaniolo. Il tutto in 77 secondi, durante i quali il portiere usa esclusivamente i piedi. E con i soli Dzeko e Kluivert che non toccano la sfera. Pau Lopez era stato preso in estate proprio per la sua abilità di saper giocare con i piedi, ma nessuno (tranne il ds Petrachi, forse) si aspettava che fosse così tatticamente intelligente. Perché occorre capire il gioco per dare la palla a questo o a quello; non lo si fa mai a caso, tranne quando non puoi scegliere una strada alternativa. C’è sempre un motivo, un ordine dell’allenatore quando si gioca lungo o corto, quando si passa centralmente o si va immediatamente sull’esterno: tutto è programmato, non ci possono essere margini di errore per avviare, come ama Fonseca, da dentro la propria area l’uscita con il possesso palla.
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