Quell'unico ponte con un pedaggio

Quell'unico ponte con un pedaggio
di Fabio Isman
4 Minuti di Lettura
Giovedì 27 Ottobre 2016, 22:37
Sul fiume Tevere in totale sono 35 ma su uno di questi si pagava per poter passare: fu chiamato "del soldino"

LA STORIA
Sul Tevere si sono succeduti 35 ponti. I primi sono della città degli antichi romani; dieci, tre ancora esistenti e gli altri distrutti o trasformati. I papi ne edificano solo quattro e quando l'Italia arriva nella sua Capitale trova giustamente inadeguati, specialmente alla città destinata a espandersi, i collegamenti tra le due rive. Dal 1870, se ne sono edificati altri 21; l'ultimo, l'Ostiense, nel 2012. Il grande architetto dei ponti post-unitari si chiama Angelo Vescovali: garibaldino; commissario della ferrovia tra Roma e Ancona; dopo Porta Pia e fino alla morte nel 1895 (a 69 anni), è il capo dell'Ufficio idraulico municipale. E di ponti, ne progetta ben cinque: si chiamano Garibaldi, Umberto I, Palatino, Regina Margherita e Cavour. Bei nomi per uno che aveva combattuto gli austriaci nella prima Guerra d'Indipendenza, difendendo Vicenza.

NOMI FAMOSI
Ma altre persone assai celebri pensano ai ponti sul fiume: Marcello Piacentini al Nuovo Sublicio a Testaccio nel 1914, che sarà inaugurato nel 1919, subito dopo la Prima guerra; Armando Brasini al Flaminio (ideato nel 1932, iniziato nel '39, concluso solo nel 1951); e Luigi Moretti, l'anno prima di morire nel 1973 a 66 anni, a quello della metropolitana intitolato a Pietro Nenni. Altri due ponti, quelli a Tor di Quinto e Castel Giubileo, si devono a Vito Camiz, uno dei docenti dell'ateneo clandestino, organizzato dopo le leggi razziste dagli ebrei di Roma, e segnatamente dal grande matematico Guido Castelnuovo; vi insegnava Scienza delle costruzioni. Infine, almeno un altro è degno di un cenno: quello del Risorgimento, edificato nel 1911, per l'Expo internazionale d'arte, tra i quartieri Della Vittoria e Flaminio: tra i primissimi in cemento armato, a un'arcata sola lunga cento metri, edificato con l'innovativo metodo Hennebique dalla società di Giovanni Antonio Porcheddu.

IL TRIBUTO
Uno soltanto dei ponti di Roma è stato sottoposto al rito del pedaggio: per passarci, bisognava pagare, e per questo è noto come «ponte del soldino»; infatti, ogni transito costava un soldino, cinque centesimi, cioè pochissimo. Dal 1863 fino al 1941, cioé per quasi un secolo, è stato tra la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini e l'altra riva; dove oggi c'è il ponte Principe Amedeo. I romani lo chiamavano anche «ponte de fero», perché aveva la struttura metallica. Tra le ultime realizzazioni di Pio IX Mastai Ferretti prima che il suo potere temporale avesse termine, era opera del periodo in cui a Roma investivano le società straniere. La fontana della Naiadi in piazza della Repubblica (del nonno di Francesco Rutelli) è la «mostra» collocata al termine dell'acquedotto dell'Acqua Pia Antica Marcia d'una società nata come «Anglo Romana Water Company». La concessione del 1865 era attribuita a Niccola Moraldi, John Henry Fawcett e Jack Shepherd. Mentre il ponte era di una società francese: con il diritto di far pagare il pedaggio per 99 anni tranne che ai frati mendicanti, ai militarie ai gendarmi in servizio; era gratis per tutti la domenica di Pasqua.

«PORTOGHESI»
Un cartello all'imbocco vicino all'abside della chiesa dei Fiorentini (il ponte era ufficialmente chiamato così) avvisava che «il pedaggio si paga all'altra sponda», dove era un apposito «gabbiotto» per la riscossione.
Pare però che non pochi ragazzi (e forse, non soltanto loro) si limitassero a fingere di accostarvisi, per poi invece darsela di corsa, a gambe levate, risparmiando così una monetina di rame. E pare anche che il cartello fosse spesso colpito da commenti salaci. Si paga sull'altra sponda? «Sempre che prima non t'inghiotta l'onda»; oppure, «se non ti mancano i soldi e il coraggio». Il ponte era lastricato con tavole di legno, sospeso con cavi e tiranti. Prima, ci potevano passare i carri; poi, soltanto i pedoni. Non era adatto, evidentemente, ad altri veicoli. Così se ne va. E, cento metri più a valle, lo sostituisce quello dedicato al principe Amedeo di Savoia, duca d'Aosta: destinato al trono d'Ungheria, e morto invece nel 1942 in Etiopia, eroe della difesa all'Amba Alagi. Un avviso dell'epoca diceva che dei «bagni» accanto al ponte potevano fruire anche i cavalli; per pagare, c'era un apposito ufficio alle vicine capanne.
© RIPRODUZIONE RISERVATA