Mafia capitale, via agli interrogatori: Carminati non risponde al gip

Mafia capitale, via agli interrogatori: Carminati non risponde al gip
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Mercoledì 3 Dicembre 2014, 16:27 - Ultimo aggiornamento: 20:32
Su 14 dei 28 finiti in carcere nell'ambito dell'inchiesta sulla mafia romana, solo uno, l'ex ad di Ama Franco Panzironi, ha risposto alle domande del gip Flavia Costantini, respingendo le accuse e fornendo una versione dei fatti ritenuta dagli inquirenti per niente convincente.



Tutti gli altri, a cominciare da Massimo Carminati, ed anche Luca Odevaine, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio di garanzia.



Ad avvalersi della facoltà di non rispondere oggi sono stati anche Roberto Lapoco, il padre Giovanni, Riccardo Brugia, Fabrizio Franco Testa, Matteo Calvio, Agostino Gaglianone, Raffaele Bracci, Salvatore Buzzi, Giuseppe Ietto, Fabio Gaudenzi e Carlo Pucci. Un altro destinatario di ordinanza di custodia in carcere Giovanni De Carlo, legato a Carminati, è tuttora irreperibile.



Panzironi, assistito dall'avvocato Pasquale Bartolo, ha negato di essere stato nel libro paga del presunto clan mafioso giudicando «un fatto normale» i finanziamenti sospetti ricevuti dalla Fondazione Nuova Italia, il cui presidente è Gianni Alemanno. Secondo la procura, quel denaro sarebbe riconducibile alla cupola affaristica gestita da Carminati. Domani gli interrogatori di garanzia di altri 14 detenuti in carcere, mentre gli otto ai domiciliari saranno sentiti entro la fine della settimana.



Carminati e le armi per minacciare. Un arma «per annà a minaccià la gente, quando mi sento aggressivo e dice anvedi questo è matto...». Così Massimo Carminati in un'intercettazione presente nell' ordinanza di custodia, firmata dal gip di Roma, si esprime in merito all'utilizzo di una pistola per minacciare chi non voleva sottostare al volere del clan. Le indagini hanno accertato che sia l'ex Nar che il suo braccio destro Riccardo Brugia «detenevano delle armi acquisite illegalmente». Un arsenale in cui Carminati voleva che fossero presenti anche due «Makarov 9 con silenziatore», in modo da ridurre «al minimo il rischio di individuazione in caso di utilizzo, grazie alla silenziosità:
«non senti neanche il clack».



Gli incontri tra Carminati e Gramazio. Nell'inchiesta 'Mondo di Mezzo' della procura di Roma sono documentati due incontri tra Massimo Carminati, presunto capo della mafia romana, e l'allora senatore Pdl Domenico Gramazio e suo figlio Luca, capogruppo Pdl al Comune e poi di FI alla Regione, indagato. Quest'ultimo è considerato dagli inquirenti uno degli esponenti politici più vicini all'organizzazione criminale definita Mafia Capitale. Il 23 luglio 2013 i tre si vedono al ristorante 'Dar Bruttone', in via Taranto, a Roma, quando Luca Gramazio è già passato alla Regione. È quanto riscontra l'indagine del Ros sulla base di intercettazioni effettuate quel giorno e in quelli precedenti. Durante la cena «veniva commentata la rapina presso gli uffici del C.I.S. (Centro Iniziative Sociali) di via Etruria 79, a Roma - si legge nelle trascrizioni allegate all'ordinanza d'arresto del Gip Valeria Costantini -. In particolare Carminati esprimeva il dubbio, vista la stranezza dell'evento, che la stessa in realtà fosse stata una messinscena per l'applicazione di apparati di intercettazione da parte delle Forze di Polizia, presso quegli uffici, consigliando quindi di 'bonificare' gli ambienti (»faglie fa una bella bonifica (incomprensibile), faglie fa una bonifica.... - dice 'il cecato' - guarda dentro le cose, dentro tutte le placche, deve essere... (incompresibile) ..faglie smontà le plastiche perchè vede lui...«. E Domenico Gramazio assicurava che se ne sarebbe occupato.



I tre si davano poi appuntamento a settembre, dopo le vacanze, per una cena con le rispettive mogli, in un clima di apparente grande cordialità. Domenico Gramazio, 67 anni, è un esponente storico della destra romana, dal Movimento sociale (Msi) ad An al Pdl.
Un altro incontro fra i tre era avvenuto il 19 novembre 2012 al Bar Valentini di piazza Tuscolo, sempre a Roma, presenti anche Salvatore Buzzi, braccio destro imprenditoriale di Carminati, e Fabrizio Testa, altro presunto membro del gruppo criminale.
«Dalla successione delle conversazioni telefoniche intercettate al termine dell'incontro - scrivono i carabinieri del Ros -, si evinceva che uno dei motivi dell'incontro riguardava proprio le problematiche connesse con l'approvazione del bilancio comunale, ragione per cui Buzzi asseriva di aver richiesto direttamente a Luca Gramazio un suo intervento».



Il clan mafioso di Massimo Carminati era in possesso anche di un libro mastro che conteneva «una vera partita doppia del dare e avere illecito dei destinatari delle tangenti». Il dato emerge dall'ordinanza di custodia firmato dal gip di Roma Flaminia Costantini. La contabilità era stata affidata ad una donna, Nadia Cerrito, finita ieri in carcere. Nel libro sono riportati anche «i costi illegali sostenuti - scrive il gip - dall'organizzazione per il raggiungimento del suo scopo nel settore economico-istituzionale». Contiene l'indicazione «dei soggetti cui vengono veicolati i profitti, come Carminati, o come Fabrizio Franco Testa, testa di ponte di Mafia Capitale verso la politica e la pubblica amministrazione». Nel libro mastro anche «una rappresentazione del conto economico illecito dell'organizzazione, con una specifica rappresentazione delle relative disponibilità extracontabili».



Anche le primarie del Pd romano finiscono sotto le mani di Mafia capitale. La cupola romana si organizza, secondo quanto emerge dalle intercettazioni del Ros, per smistare voti a Lionello Cosentino e Tommaso Giuntella, in corsa per la segreteria romana dei dem. «Come siete messi per le primarie?», chiede il capo dell'organizzazione Massimo Carminati al suo braccio imprenditoriale, Salvatore Buzzi, presidente della Cooperativa 29 giugno, iscritta a Legacoop. «Stiamo a sostenè tutti e due - risponde - Avemo dato centoquaranta voti a Giuntella e ottanta a Cosentino. Cosentino - puntualizza Buzzi - è proprio amico nostro».




Matteo Orfini. Quella che emerge in queste ore a Roma è «una vicenda agghiacciante. Io spero che gli esponenti del Pd coinvolti dimostrino la loro innocenza, ma emerge l'immagine di un partito a Roma che va rifondato e ricostruito su basi nuove». Matteo Orfini non usa metafore per spiegare che serve un intervento deciso nel Pd romano dopo l'esplosione dell'inchiesta 'Mondo di mezzo'. «Bisogna intervenire in modo duro per ricostruire il partito, le modalità saranno decise dalla segreteria nazionale», spiega il presidente del partito ponendo anche un «problema di sistema». Secondo Orfini, infatti, «con la selezione della classe dirigente 'dall'esterno', con le primarie o le preferenze, è molto complicato il controllo dalle infiltrazioni. Questo significa anche che bisogna stare attenti a invocare le preferenze nella riforma elettorale come il sol dell'avvenire. Guardiamo cosa è avvenuto a Venezia prima e ora a Roma, il problema si pone».



Convocata la Direzione provinciale del Pd. «È convocata per venerdì 12 dicembre, alle ore 17:30, presso la sede del partito di via delle Sette Chiese, la Direzione provinciale del Partito democratico della Provincia di Roma alla quale, in questa come in altre occasioni, invito a partecipare anche i segretari di circolo». Lo scrive Rocco Maugliani, segretario del Pd della provincia di Roma, in una lettera indirizzata a tutti i membri della direzione provinciale e ai segretari di circolo del Pd.


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