Daniele Carlomosti e Romina Faloci, le bande di Roma terrorizzate dai narcos. «Sgozziamo tua madre»

Daniele Carlomosti e Romina Faloci, le bande di Roma terrorizzate dai narcos. «Sgozziamo tua madre»
di Michela Allegri e Alessia Marani
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Mercoledì 18 Maggio 2022, 07:42 - Ultimo aggiornamento: 23 Febbraio, 04:52

Feroci e «brutti forti» come li aveva definiti Massimo Carminati parlando con il fido Riccardo Brugia intercettato dai carabinieri nell'inchiesta Mondo di mezzo. Tanto da convenire che con loro era meglio trattare. «Sono andato da questi prima che prendono la pistola e sparano», gli diceva il Guercio. Quando una mattina del novembre 2018 la Dda fa sparire i 10 chili di fumo consegnati la sera prima a Roberto Virzi, mascellone, perché li custodisse, appunto, in una cantina di La Rustica, Carlomosti - naturalmente ignaro dell'intervento degli uomini dell'Antimafia - va su tutte le furie a arriva a mettere persino una ricompensa da 10mila euro per chi può aiutarlo a stanare l'infedele. «Se non si sbriga a riportarmi i 10 di fumo - tuona - io mi abbasso a toccare le figlie ti giuro! Gli prendo a torturare in bocca le figlie, gli entro dentro casa e lo ammazzo! Gli faccio zompare le ginocchia, lo mando in giro senza denti, senza naso, senza orecchie... ma proprio non è che gli do una botta a lui, gliene do una quindicina... deve morire crivellato», dice agli interlocutori della banda. E se non era chiaro, allo stesso Mascellone precisava: «Ti strappo la carotide... a me dieci chili non me li leva neanche Totò Riina».

Ad aiutare Carlomosti a vendicarsi si precipita Armando De Propris, il padre di Marcello, uno dei ragazzi condannati per l'omicidio di Luca Sacchi. «Se viene vicino a me io te lo rompo tutto!», gli assicura.
Che la banda di La Rustica non andasse per il sottile emerge in tutta la sua brutalità nella vicenda di Maurizio Cannone, l'ex sodale accusato di non avere pagato una partita di droga per 64mila euro. Fagiolo viene invitato a casa di Carlomosti e qui spogliato, legato, costretto a stendersi sui teli di plastica nel soggiorno trasformato in stanza delle torture: «Ora prendiamo il trapano e vedi che ti facciamo». Daniele, alias bestione, scatta fotografie e con una videochiamata chiede il riscatto al fratello e alla compagna di Cannone, e mostrare anche ai suoi amici, compreso Fabrizio Fabietti, il narcos in affari con Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik.

Il nullaosta

Prima di torturare Cannone, però, Carlomosti «come forma di rispetto», scrive il gip Tamara De Amicis, aveva chiesto tramite Pallagrosi, l'autorizzazione a Michele Senese.

Il baciccio si recava in via Telegono residenza di Vincenzo Senese e di Raffaella Gaglione, rispettivamente padre e moglie di Zio Michele, e otteneva il nullaosta. Pallagrosi rendicontava del colloquio intercorso, in particolare con il fratello di Michele, Angelo, nel corso del quale Cannone veniva letteralmente scaricato dal clan: «Vabbè tutti l'hanno fatto una merda, dalla figlia, alla moglie, il padre». Racconta di avere ricevuto l'indicazione di uccidere il fagiolo utilizzando uno stiletto, arma storicamente utilizzata per uccidere i rispettivi rivali nel Medioevo, sgozzandoli come maiali. Dopo avergli fatto capire di avere appena parlato al telefono con Michele (che è in carcere), Pallagrosi viene edotto: «Questo te lo devi fare di stiletto... perché sennò non lo paghi intero». Sotto l'ala dei Senese, al tempo, lavorava anche Diabolik. Tramite i fratelli Fabbrini prospetta a Carlomosti la possibilità di collaborare per la commercializzazione della cocaina. Fabbrini riferisce a Daniele: «Mi ha detto pure: Digli a tuo cugino che se gli serve la cosa... c'abbiamo pure la cosa, 33.5, 34 gliela do», stabilisce il prezzo. Non solo. Piscitelli si offre di pensare lui a Cannone, del quale è creditore: «Con il terrore lo continuo io».

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Tra i vessati della banda c'è pure William Casinelli, ultrà della Roma, uno dei fermati - e poi rilasciati - dalla polizia inglese per gli scontri coi tifosi del Liverpool a Londra nell'aprile 2018. Il ragazzo viene chiuso in auto, pestato di botte, costretto a consegnare due Rolex e un Piguet, nonché a trasferire la proprietà del suo Suv a Federico Rossetti, alias ragno. Parlando di un pusher nordafircano il sodalizio ascoltato dai carabinieri di Ivia In Selci dice: «Abbiamo sfondato un negro, gli abbiamo menato col Bullock». A un altro debitore Carlomosti prospetta: «Ti scarico una nove in bocca, sgozzo tua madre».

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