Intervista al nuovo vescovo di Rieti don Vito Piccinonna: «Voglio essere un amico e aiutare chi ha bisogno»

Don Vito Piccinonna
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 20 Gennaio 2023, 00:10

RIETI - Come vivo quest’attesa? Preparandomi al meglio per venire in mezzo a voi con grande entusiasmo e mettendoci tutto me stesso». 
Don Vito Piccinonna, 46 anni, da domani il vescovo più giovane d’Italia, parla in vivavoce mentre guida sulla strada del ritorno da Assisi, dove è stato qualche giorno in ritiro spirituale prima di intraprendere il cammino di nuovo pastore della Chiesa di Rieti. Sabato si avvicina, i preparativi sono giunti quasi a conclusione: nella cattedrale di Rieti arriveranno parroci, vescovi e cardinali, ma anche tanti fedeli, amici, parrocchiani. E naturalmente gli amici più stretti e la famiglia di monsignor Piccinonna, emozionatissima e al gran completo. Lo squillante accento pugliese cambia un po’ inclinazione, ripensando alla sera in cui diede ai suoi cari “la notizia”. 
Come lo ha detto ai suoi dell’ordinazione a Rieti?
«Ero stato a cena, dissi loro che dovevo assumere un nuovo incarico a Rieti, rimanendo un po’ sul vago. Sono abituati ai miei spostamenti fatti soprattutto con Azione cattolica, mi sono stati sempre vicini con discrezione e sentimento». 
La famiglia Piccinonna non si è scomposta più di tanto, pensa a uno dei soliti viaggi. 
«Poi ho aggiunto: mamma, papà, stavolta non torno giù però. Mi hanno fatto vescovo». 
E giù lacrime. 
«È stato un bel momento, come anche quelli condivisi con i miei amici delle scuole superiori, che sono venuti a trovarmi con le loro famiglie, con i loro bambini. Ho il culto dell’amicizia, credo sia una delle benedizioni più grandi al mondo». 
Con tutti i reatini, a partire da domani, il vescovo Vito come vuole essere?
«Un buon amico. Ma non di quelli compagnoni e basta, io desidero ascoltarvi e guardarvi negli occhi, stabilire con voi un legame in cui ci sentiremo parte della stessa storia, nutrendoci reciprocamente di linfa relazionale. E con tanta attenzione agli ultimi, ai piccoli, a chi ha bisogno di una mano per risalire la china. Senza pietismo o commiserazione, solo con il desiderio di mettersi in ascolto e trasmettere speranza nel futuro».
Come lo immagina, il futuro?
«C’è futuro, ricordiamolo. Il futuro c’è per tutti e dobbiamo celebrarlo e saperlo incentivare. È per questo che tra i mie primissimi impegni ci sarà la visita in ospedale e all’hospice: sarò vicino certamente a chi soffre ma anche a chi gioisce. Andrò a visitare i nuovi nati, a prenderne in braccio qualcuno se potrò. Sono loro la nostra speranza, la gioia più grande». 
E’ il vescovo più giovane d’Italia ha messo subito in agenda tanti appuntamenti con le scolaresche, la visita all’università, alla casa circondariale. 
«Nessuno si senta escluso, nessuno pensi che non c’è più speranza. Visiterò le aziende, riservando particolare attenzione a quelle che faticano a rialzarsi dopo il Covid, dopo i rincari. Vorrei vivere un rapporto pieno con tutti, in primo luogo con il clero ma anche con tutti coloro che non appartengono alla Chiesa». 
Nel semplice appartamento episcopale di via Cintia, tra le pareti imbiancate di fresco che hanno accolto per sette anni il suo predecessore Domenico Pompili, apporterà cambiamenti? 
«Pian piano porterò il più possibile di me, di quello che mi rappresenta. La scrivania, le canzoni, le lettere che mi piace scrivere “alla vecchia maniera” e risistemare ogni tanto. Mi circonderò di oggetti cari, ciascuno portatore di un segnale importante da parte di chi mi è stato vicino in questi anni. Il posto d’onore lo riserverò per il quadretto regalatomi dai genitori di Nico, morto pochi mesi fa, a soli sei anni. Lo metterò sulla scrivania, per non dimenticare mai né il dolore né la speranza».
Come colonna sonora, sempre la musica dei suoi amatissimi Negramaro?
«Ascolto tutto di loro, sia nei momenti belli che in quelli brutti. Se proprio devo scegliere un brano, scelgo “Meraviglioso”, è un testo semplice ma molto significativo». 
Venerdì sera, nella sua ultima notte prima dell’ordinazione, chi avrà accanto? 
«La mia famiglia e due cari amici sacerdoti, che mi accompagneranno nei momenti carichi di attesa e preghiera che mi porteranno ad arrivare al meglio a sabato». 
L’ufficio liturgico della Chiesa di Rieti ha preparato i paramenti episcopali, la mitra, il pastorale
«Mi fa strano, lo ammetto. Sono un sacerdote operativo, abituato a vestire comodo. Ma mi abituerò. Ho fatto un po’ di prove...».

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