Rieti, Terminillo: raddoppiati gli incidenti in quota

Soccorso in montagna
di Giacomo Cavoli
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Martedì 29 Marzo 2022, 00:10

RIETI - A chiarire le cause di quanto accaduto sarà l’inchiesta disposta dal magistrato di turno. Ma l’incidente che intorno alle 14 di domenica – a circa 1.800 metri di quota sul Monte Elefante - ha causato il decesso del 42enne romano Antonio Muredda, stimato osteopata che aveva accompagnato anche la Federazione italiana pallacanestro in carrozzina ai Mondiali del 2018, ha dolorosamente riaperto il capitolo del rischio zero che in montagna, in qualunque stagione, non esiste per nessuno, esperti o principianti che sia. E l’allentarsi della pandemia non ha fatto altro che raddoppiare il numero degli interventi compiuti in questi mesi dalla stazione reatina del Soccorso alpino e speleologico.

Le precauzioni. Per Muredda non si trattava certo della prima escursione della sua vita: l’osteopata era infatti abituato a compierne di media difficoltà, perlopiù sull’Appenino centrale, quasi sempre in compagnia e non da solo. Stavolta, però, tradito forse dal manto erboso bagnato, Muredda è scivolato in discesa per circa 200 metri, prima di finire a ridosso della strada che conduce a Micigliano, morendo sul colpo, probabilmente a causa dei colpi ricevuti durante la caduta. «Il Monte Elefante presenta dei tratti tutt’ora innevati e altri già privi di neve – spiega a Il Messaggero Roberta Galluzzi, tecnico di soccorso della stazione reatina del Soccorso alpino e speleologico e delegato del servizio regionale Lazio – Muredda e il suo compagno di escursione erano impegnati in un percorso composto da zone erbose e rocciose e forse l’abbigliamento indossato per compiere quel tratto non era così adatto.

Se si ha intenzione di praticare escursioni in quota, bisognerebbe infatti avere sempre con sé delle calzature che consentano di utilizzare i ramponi, nell’eventualità che ci si trovi a dover affrontare dei tratti innevati: in questo periodo la neve è infatti ancora dura a causa delle basse temperature che si registrano durante la notte, non è uno strato soffice come quello primaverile».

Cadute in aumento. La voglia di aria aperta esasperata dal lockdown e dalla pandemia non ha fatto poi altro che incrementare i casi di chi, senza aver mai partecipato a corsi di formazione, si è improvvisato escursionista dalla mattina alla sera. E il Terminillo è stato tra le aree con incidenti. Così è andata a finire che, nel corso del 2021, la stazione reatina del Soccorso alpino ha effettuato 50 soccorsi, il 70 per cento in più di quelli registrati negli anni precedenti: «Dal dopo pandemia c’è stato un incremento notevole dei soccorsi in montagna, soprattutto nei confronti di persone poco esperte che rischiano tantissimo, perché la maggior parte di loro non sono attrezzate in maniera idonea – prosegue Galluzzi - Il nostro lavoro è raddoppiato e la fascia d’età degli interventi coinvolge tutti, dai ventenni fino alle persone di una certa età. Per questo motivo, prima di avvicinarsi all’alpinismo o allo scialpinismo noi del Soccorso alpino consigliamo sempre di appoggiarsi a dei corsi tenuti da professionisti, che siano guide alpine o appartenenti al Cai. D’altronde, in montagna il rischio zero non esiste: una scivolata o un sasso che si stacca dalla parete sono episodi che possono verificarsi anche a danno degli escursionisti più esperti. Per questo la nostra raccomandazione è sempre quella di valutare cosa si vuole andare a fare, in base alle proprie caratteristiche fisiche e alle condizioni climatiche della giornata».

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