RIETI - Quando si parla di Felice Rufini non si sa da dove iniziare, perché è difficile dire dove finisce il ristoratore e dove inizia lo scultore, o viceversa. Un interrogativo all’infinito a cui fatica a rispondere anche l’interessato, titolare del noto ristorante “La Piazzetta” che si affaccia sulla piazza del vecchio ospedale, ma anche artista noto a livello nazionale e che vanta un eccellente curriculum, testimoniato dalla partecipazione a prestigiose esposizioni e dalla pubblicazione di numerose opere su importanti cataloghi e annuari, come quello del Premio internazionale Vittorio Sgarbi o l’inserto speciale dell’annuario internazionale di arte contemporanea “Artisti ‘21”, su testi ancora di Sgarbi o di Philippe Daverio.
Il ristoratore. Come buona regola bisogna cominciare...
L'artista. Felice non lo ammetterà mai, ma probabilmente alla domanda iniziale se venga prima il ristoratore o l’artista, darebbe d’istinto la seconda risposta. Poi, giustamente, sottolinea che «la prima attività dà stabilità e tranquillità per dedicarmi alla scultura», per poter seguire un istinto sviluppato sin da giovane e perfezionato negli anni. Felice è infatti un artista istintivo, spontaneo, e per questo preferisce che siano le sue opere a parlare al posto suo, anche se, durante la chiacchierata davanti a un’ottima gricia, ricorrono spesso i termini «primordiale, mitologico, visionario». Felice infatti non è, come suol dirsi, un artista figurativo: lo spiega bene l’Enciclopedia d’Arte Italiana descrivendo uno scultore che «non appartiene a una specifica corrente artistica ma che esplica, mnemonicamente l’emotività oltre la natura oggettuale, puntando a un’astrazione rappresentativa plastico-surreale». Rufini non ha studiato tecniche particolari, è autodidatta: «ho imparato molto rubando con gli occhi», osservando tanti colleghi per poi rielaborarne tecniche e idee.
«Tra l’altro – confessa – durante il biennio della pandemia ho avuto tanto tempo per dedicarmi alla scultura». Rufini ormai è assai noto a livello nazionale e le sue opere, esposte in tante mostre – tra le più prestigiose quelle a villa Lysis a Capri o alla ex Fornace sui Navigli a Milano – iniziano a essere discretamente quotate. «Ma non così tanto da viverci», si schernisce con modestia Felice che, tornando al ristorante, sta meditando come festeggiarne il quarantennale: «la pandemia ci ha un po’ distratti, ma adesso è giunto il tempo di studiare qualcosa».