Rieti e le barriere architettoniche: «I miei slalom quotidiani tra rischi e tanti ostacoli»

Sonia Limoncelli
di Sabrina Vecchi
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Mercoledì 14 Giugno 2023, 00:10

RIETI - Escluso che possa venire in centro storico, con Sonia Limoncelli decidiamo di andare a fare colazione in un bar del suo quartiere, a Campoloniano. Il meteo consente, perché anche quello sarebbe stato un ostacolo all’appuntamento, visto che Sonia, affetta da sclerosi multipla, si muove in sedia a rotelle
«Alterno quella manuale a quella elettrica - spiega - dipende dal tragitto da fare, o se c’è qualcuno che mi accompagna». Da piazza Craxi cerchiamo di imboccare via Pertini, in direzione della chiesa parrocchiale. L’unica soluzione è attraversare le due corsie il più velocemente possibile, confidando nel buon senso degli automobilisti. «Prima con la mia famiglia abitavamo a Santa Rufina, in una casa senza ascensore. Con l’aggravarsi della malattia ci siamo trasferiti qui, contando su un quartiere nuovo che pensavamo totalmente accessibile per i disabili». Invito Sonia a salire sul marciapiede, lei sorride: «E come? Di rampe ce ne sono pochissime, spesso se c’è quella per la salita non c’è quella per scendere. L’unica soluzione sono gli accessi ai garage, dove il marciapiede è più basso». Ne troviamo uno, si sale con un’accelerata alla “sedia elettrica”, come scherzosamente Sonia chiama la sua compagna di viaggio.

Le insidie. Nel frattempo si schivano le buche, i tratti dissestati, gli avvallamenti: «Questo è il motivo per cui preferisco camminare sulla carreggiata, rischiando di più ma con un manto stradale liscio. Questi scossoni sono complicatissimi da gestire per la mia patologia, torno a casa distrutta. E soprattutto rischio di cadere». Di buono, spiega Sonia, c’è che a Campoloniano ci sono strade lunghe e dritte: «Le macchine hanno così la possibilità di vedermi in lontananza e il tempo per rallentare. Al centro o in altre zone sarebbe impossibile». Intanto, la nostra passeggiata si interrompe per un palo piantato in mezzo al marciapiede: «Dobbiamo tornare indietro, trovare un’altra soluzione. O ci sono buche o pali, oppure siepi che non consentono il mio passaggio». Nel primo bar non si riesce ad andare, perché all’altezza del marciapiede più basso c’è una macchina parcheggiata. «Mi rendo conto che non ci si pensi, ma per me certe cose sono insormontabili. Come anche le feci dei cani per terra, che si attaccano alle ruote e finiscono a casa o sulle mie mani». 
Anche nel secondo bar non entriamo, c’è un grosso buco e tanta ghiaia, Sonia non si fida. Intanto, mi racconta di una malattia attualmente incurabile, scoperta in terzo superiore: «Mi si bloccavano le gambe, mi scivolava la penna dalle mani. Cadevo spesso, mi rotolavo sul divano per alzarmi, sono peggiorata gradualmente». La sclerosi multipla non arretra mai: «Non si muore, ma senza assistenza non si vive. La guarigione non è contemplabile, ho provato tante cure, dalla chemioterapia a quelle sperimentali. Faccio molta fisioterapia che mi fa passare qualche dolore». Salendo e scendendo dal marciapiede, con l’aiuto volenteroso di qualche passante, un’altra barriera arriva con i ripidi saliscendi che si incrociano: «A salire riesco, ma a scendere rischio di cadere in avanti. Una volta ho battuto la testa a terra, ero in retromarcia perché in salita si fatica meno, per questo non vidi il cratere che era proprio davanti casa». 
Vicino a un tombino c’è una piccola voragine dove si incastrerebbero le ruote, la evitiamo passando ancor più verso il centro della carreggiata, tra le auto in transito. Nel bar di fronte alla chiesa ci si arriva in un’ora, con l’ultimo ostacolo di un grosso gradino superato grazie a un amico di passaggio che mette a disposizione i muscoli. «Cerco di non ingrassare, sarei un peso ulteriore. E non bevo, perché non tutti i bagni sono attrezzati. A volte vado a messa, ma solo se ho la carrozzina elettrica, con quella manuale entro dal retro perché non riesco ad attraversare il piazzale di ghiaia. Il più delle volte scelgo di restare a casa, è tutto meno complicato». Sonia davanti all’agognato caffè mi racconta delle sue battaglie quotidiane, degli sguardi compassionevoli, di chi si offre di darle una mano e chi tira dritto. 
E come dimenticare quella volta che grazie a una joëlette fu portata fino al rifugio Rinaldi, sul Terminillo.

Oppure a fare rafting sul Velino, «grazie a Claudio, a Mara, alla Polizia di Stato, al Soccorso alpino, a tutte le persone che mi hanno aiutata a realizzare qualche sogno». E come dimenticare la prima volta in aereo, per raggiungere Lourdes: «Sono una che ama stare con i piedi per terra, o meglio, a dieci centimetri da terra». Sonia sorride, guarda il mondo con occhi positivi, nonostante tutto: «Pensavano avessi un tumore al cervello, invece era “solo” sclerosi multipla. La mia testa funziona, anche se gli ostacoli da superare ogni giorno sono tanti». E adesso ce n’è subito un altro: bisogna tornare in piazza Craxi.

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