Rieti, Cicchetti e Ciccomartino
siglano la pace in tribunale

Rieti, Cicchetti e Ciccomartino siglano la pace in tribunale
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Domenica 15 Maggio 2016, 10:06 - Ultimo aggiornamento: 14:02
RIETI - All’epoca (anno 2009) lo scontro sfociò in accese polemiche, fino a quei due articoli comparsi su un quotidiano on line che fecero finire i contendenti in tribunale. Uno, l’ex sindaco Antonio Cicchetti, imputato di diffamazione aggravata, l’altro, il sindacalista Gianni Ciccomartino, querelante e parte offesa. Al centro, alcune frasi ritenute lesive dal rappresentante della Cgil Funzione pubblica e riportate da un giornale locale on line. Vicenda scaturita dalle posizioni contrapposte che i due protagonisti avevano assunto in merito all’accreditamento, da parte della Regione, della residenza sanitaria di Santa Rufina.

C’erano stati reciproci scambi di critiche, con Cicchetti giunto a definire Ciccomartino «comico della Cgil che non si fa mai mancare nulla in termini di ridicolo» oppure «non trova argomenti per entrare nel merito del falso accreditamento della Rsa colui che ha più che dimezzato la rappresentatività della Cgil al Comune di Rieti» e così via. Querela inevitabile ma mai nessuna ritrattazione era arrivata da parte dell’ex sindaco, convinto di aver esercitato un diritto di critica.

Sette anni dopo, quando il tribunale si preparava a entrare nel merito per stabilire se le frasi incriminate avessero o meno carattere diffamatorio, Ciccomartino ha deciso di ritirare la querela e Cicchetti non ha avuto nulla da obiettare. Era pronto a difendersi l’ex sindaco e il figlio Mario, suo avvocato difensore, aveva depositato anche alcuni atti ritenuti utili per la causa.

Non ce n’è stato bisogno, sia il sindacalista (difeso dall’avvocato Giorgio Cavalli) che l’ex sindaco, hanno accolto l’invito del giudice monocratico Tommaso Martucci a transare sulla lite, ormai datata, e agli avvocati non è rimasto che mettere nero su bianco: querela ritirata e accettazione della controparte. Non luogo a procedere esteso anche al direttore della testata giornalistica che aveva ospitato gli articoli ritenuti diffamatori.
 
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