Crollano le nascite, il Reatino è maglia nera nel Lazio

Crollano le nascite, il Reatino è maglia nera nel Lazio
di Andrea Bonanni
4 Minuti di Lettura
Domenica 31 Marzo 2024, 00:10

RIETI - In provincia di Rieti si nasce sempre meno e se in Italia, secondo i dati pubblicati giovedì scorso dall’Istat il tasso di natalità è in caduta verticale con una riduzione di 19 mila unità negli ultimi quindici anni, il reatino è ormai ai minimi storici con appena 717 nuovi nati. I dati, anno 2022, sono forniti dal Dep Lazio che ha analizzato le attività dell’area materno infantile della Asl di Rieti: dei 717 nuovi nati si contano 400 donne al primo parto, 18 parti gemellari, 29 nati con un peso non superiore ai 2.500 grammi, 44 nati fra le 22 e le 36 settimane di gestazione. La discesa inesorabile delle nascite sul territorio reatino si inizia a percepire tra il 2011 e il 2012 quando i nuovi nati passano rispettivamente dalle 1.054 unità (è il dato più alto degli ultimi 17 anni) a 968 per poi scendere gradualmente fino a toccare le 717 unità del 2022, un dato quest’ultimo destinato a scendere ulteriormente nel 2023 con una perdita ulteriore stimata in circa 50 parti. 

Il raffronto. La Asl di Rieti con i suoi 717 nuovi nati risulta la più sofferente tra le Asl dell’area romana e delle province. Si va dai 7.628 nuovi nati della Asl Roma 1 ai 6.756 della Asl Roma 2 e via a scendere, Roma 6 (3.663), Asl Latina (3.522), Asl Roma 5 (3.050), Asl Roma 3 (2.979), Asl Frosinone (2.679), Asl Roma 4 (1.797), Asl Viterbo (1.468). Tornando al reatino, tra i comuni con il più alto numero di nuovi nati troviamo naturalmente Rieti capoluogo (225), segue Fara in Sabina (89), Poggio Mirteto (37), Cittaducale (32), Scandriglia (22) fino ad arrivare ai piccoli e piccolissimi comuni con zero nuovi nati, vedi Configni, Vacone, Montenero Sabino, Collato Sabino, Paganico etc. Se è vero che i dati del reatino forniti dal Dep Lazio riflettono il calo delle nascite nel 2023 in Italia registrato dall’Istat e determinato sia da una importante contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente riproduttive, non si può non menzionare il fisiologico fenomeno della mobilità passiva verso altre province e regioni, dovuto essenzialmente alle caratteristiche orografiche e di densità abitativa (accentuate nelle cosiddette aree interne) del nostro territorio da cui derivano una viabilità complessa e una criticità infrastrutturale notevole. 

Le difficoltà.

Queste caratteristiche rendono ragione della difficoltà che molte pazienti incontrano nel raggiungere il presidio ospedaliero di Rieti e, a volte, anche le sedi consultoriali, presenti a oggi in tutti i presidi territoriali della Asl e nella scelta delle stesse di rivolgersi altrove. Tale situazione deve far riflettere, se si pensa all’azione di verifica sui Punti nascita del Comitato percorso nascita nazionale (Cpnn), che verifica i Livelli essenziali di assistenza (Lea) e i volumi di attività degli stessi con la possibile chiusura se inferiori ai 500 parti/anno, ma non deve al momento preoccupare, poiché la struttura reatina, peraltro recentemente rinnovata e potenziata con nuove tecnologie non solo ha un numero di parti superiore alla soglia limite indicata dal Cpnn, ma rientra a pieno titolo nel Protocollo metodologico del Cpnnn che permette di derogare a tale limite in “condizioni orografiche difficili”. Per evitare il peggio sarà necessario lavorare sul declino demografico dovuto ai bassi livelli di natalità e all’andamento del tasso di fecondità. Ma si tratta di una sfida che va ben oltre i nostri confini e che oggi accomuna tutti i Paesi avanzati.

Il commento. Per Giuliano Sanesi, stimato medico di famiglia e assessore comunale alla Sanità, il dato reatino è sovrapponibile, come fenomeno sociologico, a quello nazionale. «Ogni giorno il mio lavoro mi porta a parlare con centinaia di persone molti dei quali giovani. Percepisco la paura di non trovare un partner affidabile con il quale poter costruire una famiglia, dall’altra è forte la preoccupazione per la sfera economica e quella lavorativa. I costi da sostenere per mantenere i figli risultano essere tra le motivazioni principali che li spinge a non farli, ma anche la paura di un futuro incerto, di perdere il lavoro o avere conseguenze professionali negative. Credo che siano alcuni nodi che ci impediscono di uscire dall’inverno demografico nel quale siamo piombati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA