FOGLI
La compagna del poeta, racconta Fazi, quando Zeichen fu colpito da un ictus, trovò nelle tasche dei suoi pantaloni tanti foglietti accartocciati; c’era appuntato l’incipit del romanzo che aveva iniziato a scrivere, intitolato Invidia contro invidia: «Protagonisti Valentino stesso, Dario Bellezza e il poeta premio Nobel, Josif Brodskij. La prima invidia - racconta Fazi - è proprio quella di Valentino e Dario nei confronti del grande vincitore. E a fare da contrappunto, l’altra invidia è quella dei vicini di casa, della casupola di Borghetto Flaminio dove Zeichen abitava, un sentimento di rancore quasi cattivo verso il poeta, cioè lui». Sì, perché Zeichen «che ultimamente voleva parlare soltanto di ciò che aveva scoperto e da cui era stato rapito, la bellezza e l’estasi» era sì un generoso, «un super puro. Ma fondamentalmente amava definirsi Il Poeta». Durante le sue recenti giornate dedicate alla riabilitazione motoria «lo avevo trovato ottimista sul futuro - riprende l’editore -. “Vedrai che mi impongo disciplina e mi riprendo” mi aveva detto. Il suo sguardo, da sempre apparentemente severo, era diventato dolce, osservava qualcosa che non era lì».
VERSI
Ma chi è stato Valentino Zeichen nella vita di tutti i giorni? Chi l’uomo al di là dei versi, del pensiero? «Valentino parlava di tutto, dalla politica alla geopolitica al calcio, lui ultratifoso della Lazio che ogni volta sottolineava “Guarda che anch’io sono stato un’ottima ala destra!”. La solitudine non l’aveva scelta e non l’amava; la subiva per necessità, la sua indipendenza e la sconfinata libertà da sempre ricercata l’hanno reso una persona senza reddito ma sempre contornata da amici». Era un mondano, simile al personaggio vitellonesco che ritrae ne La sumera: «Non c’era salotto della Roma aristocratica che si facesse mancare ed era invitato da tutti perché, oltre che ricco di cultura, Valentino - sottolinea Fazi - è sempre stato conversatore brillante. Tutte le settimane, praticamente, erano segnate sul suo calendario con accanto una cena, un party. A casa mia, dove spesso ci vedevamo con altri amici, spesso declamava le sue poesie o iniziava discorsi surreali. Una volta ricordo che per una delle sue estemporanee riflessioni scelse addirittura un titolo, “Minaccia”».
La sua cultura «era immensa e disordinata. Conosceva tutti i grandi classici e ne parlava approfonditamente. Avrebbe potuto dedicarsi alla critica letteraria, sarebbe stato uno dei migliori nel campo». A Fazi, Zeichen ha affidato i suoi diari inediti: «Una quindicina di quaderni scritti a mano negli anni Novanta. Non so ancora se li pubblicherò, devo decidere. Dentro ci sono molte poesie, commenti e pensieri sulla vita».
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