Poeti del web, il verso è virale: gli autori di poesie collezionano migliaia di follower

Poeti del web, il verso è virale: gli autori di poesie collezionano migliaia di follower
di Costanza Ignazzi
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Venerdì 22 Gennaio 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 27 Gennaio, 16:45
Italiani popolo di poeti e navigatori. Due identikit che da qualche tempo vanno a braccetto, o piuttosto nuotano a vista nel mare magnum del web. Perché non c’è poeta senza social, e, almeno di questi tempi, pare non ci sia social senza poesia. Un nome per tutti: Guido Catalano, 45 anni e quarantamila followers su Facebook, «poeta professionista vivente» (per sua definizione) che riempie i locali nemmeno fosse una rockstar. Il suo “Grand Tour” italiano ha già fatto registrare svariate date da tutto esaurito: al “Monk” di Roma si sono presentati in 500 per ascoltare i suoi versi. Come quelli dell’ormai famosa Ti amo ma posso spiegarti, che ha dato anche il nome a uno dei suoi libri: «“Ti amo, ma posso spiegarti, le dissi”, “un ottimo titolo per un libro di quelli che vanno adesso”, mi disse. “sì ma io te lo dissi per davvero” le dissi. “non sprecarlo con me, facci un bel romanzetto di giovanilismo alla moda”», tanto per citare l’incipit, ormai onnipresente su Facebook e Twitter. Più che in libreria, in effetti, Catalano si trova sui social: a centinaia condividono le sue poesie, le sue foto, i suoi video sulle loro “bacheche” virtuali. Un fenomeno che, dice, lui stesso fatica a comprendere. I segreti del suo successo? «Probabilmente l'ironia, che è sempre un passepartout, unita a una serie di contingenze fortunate». Contingenze che lo hanno portato, 15 anni fa, a riconvertirsi alle rime dopo la fine della sua esperienza da cantautore di “rock demenziale”.

Se la poesia di questi tempi non è proprio un argomento bestseller, può sicuramente diventarlo, almeno a giudicare dai suoi ultimi lavori (che hanno raggiunto le 20mila copie) e dal primo romanzo in uscita l'11 febbraio, intitolato D'amore si muore ma io no.

 

SLANCI
Gli slanci poetici di Catalano affondano le basi soprattutto nella quotidianità. Come i suoi video su YouTube, in alcuni dei quali è addirittura in vestaglia. «Nei miei testi racconto ciò che capita a me stesso e alla gente che mi circonda – dice – l'ispirazione la trovo proprio negli avvenimenti di tutti i giorni». D’altra parte, come recita un altro dei suoi lavori, «Ci sono tantissimi ottimi motivi? per scrivere una poesia? e oggi? ce n’erano anche tanti di motivi? per uscire e farsi una passeggiata anche se fuori fa un freddo boia».

I versi riservati a pochi eletti non vanno (più?) di moda, la poesia del ventunesimo secolo parla il linguaggio dei clic e si estende a macchia d'olio grazie alla condivisione “selvaggia”. In molti hanno seguito l'esempio di Catalano, e così i social pullulano di poeti “pop” e non esiste internauta che non abbia il suo “menestrello” di fiducia. C'è Gio Evan, quasi diecimila “adepti” su Facebook, specializzato nei giochi di parole al limite del nonsense, o Vincenzo Costantino, che si è scelto una definizione dal vago sapore medievale: “bardo e spacciatore di attimi”. E anche l'estero vuole la sua parte: Tyler Knott Gregson, americano del Montana, è stato il primo poeta di Instagram e con i 273mila followers condivide immagini dei suoi Haiku scritti a mano su foglietti strappati dall'aria vintage. Il suo primo libro, Chasers of the light, ha venduto 120mila copie negli Stati Uniti ed è stato definito un “best seller nazionale”. 
Non c’è da stupirsi se con queste premesse i poeti diventano personaggi e riempiono le sale con letture che diventano veri e propri spettacoli. D’altra parte il recupero della tradizione “orale” della poesia era già partito con il “Poetry Slam”, nato tra gli anni ’80 e ’90 a Chicago per intuizione del poeta e performer Mark Smith. In Italia le “gare” di poesia e improvvisazione sono arrivate nel 2000, organizzate da Lello Voce, napoletano, poeta e scrittore. Nei frequentatissimi appuntamenti “slam” (letteralmente “schiaffo”) il poeta non usa solo la voce, ma tutto il corpo: la parola d’ordine è coinvolgere (e sconvolgere) il pubblico. «Non si tratta affatto di spettacoli elitari – spiega la poetessa e performer Lidia Riviello, figlia del poeta Vito, scomparso da qualche anno –. Il pubblico viene per curiosità e anche perché molti “slammers” sono musicisti e scrittori con molto seguito».

SPETTATORI
L'interattività con gli spettatori diventa un elemento fondamentale della poesia moderna, che avvenga dall’alto del palcoscenico oppure sulle pagine della Rete. Ai tempi dei blogger e dei post virali, spesso basta racimolare un discreto numero di “Mi piace” per diventare di colpo una celebrità. Il rovescio della medaglia è, per quanto riguarda la poesia, il non trascurabile problema della qualità: se tutti i poeti usano i social network, tutti gli utenti “social” possono diventare poeti? La risposta c'è, ed è negativa, almeno secondo Catalano: «Non credo alla tesi che dipinge Internet come un calderone in cui tutto viene disperso – spiega – trovare la qualità può essere più difficile, ma se c'è viene fuori».

Complice il fatto, come sottolinea Riviello, che su Internet è facile che si incontrino (almeno virtualmente) tutti i protagonisti del processo creativo: «Così il critico importante, il docente universitario e l'autore possono dialogare quotidianamente senza per forza doversi spostare tra questo e quell'evento letterario», spiega. E anche i poeti di tutto il mondo si uniscono (online) attraverso siti web, comunità e altre iniziative virtuali. Non solo, ma l'orda di rime e versi che ha invaso la Rete negli ultimi tempi potrebbe non essere nulla di nuovo rispetto a quanto è sempre successo sulla carta: «Il mercato editoriale è già molto equivoco – sottolinea Riviello - Molte case editrici si improvvisano editor di poesia per andare a caccia di autori dalla qualità abbastanza discutibile». In altre parole, Internet non fa altro che rispecchiare (e amplificare) una situazione già esistente da tempo. «Chi legge e si occupa di poesia – assicura la poetessa – era già abituato a trovarsi davanti un po’ di tutto». 


 
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