Soldi e lavoro, il Recovery Fund per liberare il potenziale delle donne

Soldi e lavoro, il Recovery Fund per liberare il potenziale delle donne
di Maria Latella
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Giovedì 15 Ottobre 2020, 00:32 - Ultimo aggiornamento: 10:29

La buona notizia è che le Talamone d’Italia forse grazie al Recovery Fund smetteranno di sostenere il peso di tutto sulle loro spalle e cominceranno a vivere come le cugine francesi. O quasi. Chi sono le Talamone? Siamo noi, simili a quelle figure architettoniche usate come pilastri per reggere i soffitti. La buona notizia infatti c’è. O ci sarebbe. Il tema “più donne al lavoro in Italia” è diventato trend setter.


Economisti (anche quelli più tiepidi) citano l’argomento, le aziende si preoccupano della parità di genere interna per non perdere immagine e affari (nella valutazione del mercato ora conterà anche questo), e perfino le “uome”, le donne che hanno fatto carriera indifferenti all’anatema lanciato contro di loro da Margaret Albright (c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre) si sono improvvisamente scoperte paladine delle consorelle.


Va bene così. Sempre meglio tardi che mai. Certo questo giornale che con “Mind the gap” monitora da oltre un anno la condizione della donna in Italia non può che rallegrarsi se voci autorevoli, da quella del presidente del Consiglio a quella del segretario del Pd Zingaretti, sottolineano come nelle linee guida del Recovery Fund sia indispensabile inserire un piano che finalmente faccia fare al Paese quel salto in avanti che solo un aumento dell’occupazione femminile consentirà. 


I dati li conosciamo tutti e finora, benché drammaticamente noti, non hanno spostato granché dell’immobilismo del Paese. Meno del 50% delle italiane sono parte del mercato del lavoro retribuito. L’Italia è una nazione a bassissima natalità e a bassissima occupazione femminile. Non ci vuole un genio per capire che le due cose sono correlate e che andando avanti così il Paese uscirà dal gruppo di testa europeo.


Come mai adesso tutti, volenti o nolenti, cominciano a parlarne dopo aver ignorato per decenni le misure che venivano adottate prima in Scandinavia, poi in Francia e da ultimo pure in Germania? Perché se non si coinvolge la forza delle donne - per ora congelata - non ci sarà più crescita. Ecco dunque che da più parti si propone di cogliere l’occasione del Next Generation Fund per fare esattamente quello che il fondo si propone: fare sì che le nuove generazioni, anche in Italia, non debbano sopravvivere di sussidi o scegliere la via dell’emigrazione.
Non è solo una questione di asili nido. È “anche” una questione di asili nido. Prendendo a prestito la proposta che sul tema “occupazione femminile” è stata avanzata dall’associazione Minima & Moralia “there is no Silver bullet “, non ci sono scorciatoie.


Una donna italiana all’inizio della carriera deve spesso scegliere tra busta paga e paga della baby sitter.

Se non ha una madre, un compagno che la spingano a non mollare, molto spesso molla. In tante lo fanno dopo il secondo figlio. Dunque garantire l’accesso al nido ai bambini da zero a tre anni. Prima tappa. Seconda tappa: dare lavoro a tante insegnanti che volentieri si occupano della prima infanzia ma curare la loro formazione, perché una madre lavora serena solo se è sicura di quel che accade all’asilo.


I figli crescono e con loro, diceva mia nonna, i problemi. Il premier Conte e la ministra Azzolina hanno assicurato che il Recovery Fund sarà utilmente speso - finalmente - per formare meglio i nostri studenti e i loro docenti. Per riuscirci è indispensabile garantire almeno alle elementari e alle medie un tempo pieno che aiuti i ragazzi a colmare eventuali lacune, a praticare sul serio uno sport, a visitare musei e teatri senza togliere spazio alla pratica del mattino. La futura vita professionale di un bambino si decide anche a seconda di quel che fa nel pomeriggio in terza elementare o in terza media. Ci sono quelli che a casa studiano cinese con un tutor e quelli che passano ore davanti al cellulare o per strada perché in casa nessuno li segue. Anche per questo molte donne alla fine escono (o non entrano proprio) nel mercato del lavoro. Per seguire il pomeriggio dei figli. Consapevoli o no accettano il destino del Telamone, la cariatide che nelle strutture architettoniche regge il peso di tutto. Di solito coincide col mito di Atlante e di solito è una figura maschile, ma sarebbe il caso di adeguarla alla realtà perché, almeno l’Italia, è piena di Talamone che puntellano famiglia, lavoro, genitori anziani. Chi si meraviglia perciò se, a partire dagli anni 70, le italiane hanno cominciato a scegliere tra due opposti: avere figli o essere libere grazie all’indipendenza economica. Come se conciliare le due cose fosse impossibile.


E a proposito di scelte economiche, il Recovery Fund non è Babbo Natale ma una parte di quei fondi potrebbe finalmente estrarre dal solito libro dei sogni alcune cose parecchio utili alle lavoratrici. Defiscalizzare sul serio collaboratori domestici, badanti e baby sitter per esempio: consentirebbe a molte di cercarsi un lavoro e così far fruttare talenti e competenze di cui il Paese ha bisogno. L’Italia ha un basso numero di laureati e di questo modesto 20% la metà sono donne. Defiscalizzare creerebbe tra l’altro nuovi posti di lavoro.
Forza Talamone d’Italia, unitevi e fate sì che il Recovery Fund coincida con il giusto mezzo. Non avete da perdere che i vostri conti in banca in rosso.

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