Don Camillo Lancia, il prete sedotto da un parocchiana e ricattato dal marito è stato trasferito: «Necessario per tutelare i parrocchiani»

il vescovo di pescara tommaso valentinetti depone in tribunale
di Giuseppe D'Intino
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Venerdì 17 Maggio 2024, 07:13

«Don Camillo è venuto da me dicendo di avere dei problemi e io ho intuito quali problemi fossero: gli ho detto di trasferirsi subito per il bene suo e della parrocchia». Anche monsignor Tommaso Valentinetti, arcivescovo della diocesi di Pescara-Penne, è dovuto intervenire nel processo per il ricatto a luci rosse di cui sarebbe stato vittima un prete di Montesilvano. Convocato dagli avvocati della difesa che lo attendevano già da un paio di udienze, il monsignore ha spiegato come mai don Camillo Lancia è stato trasferito dalla chiesa di Città Sant’Angelo, di cui era parroco, e degradato a vice in una parrocchia di Pescara. «Si era parlato anche della denuncia – ha detto l’arcivescovo -: aveva presentato una querela e i problemi giudiziari sono incompatibili con la vita della comunità parrocchiale. Così, don Camillo è stato mandato al Volto Santo di Manoppello a fare esercizi spirituali».

La denuncia a cui monsignor Valentinetti si è riferito, sporta nel 2020, è quella che ha condotto al banco degli imputati un’intera famiglia di Montesilvano: Claudia Palma, il marito Eraldo Scurti e il figlio Alessio. La coppia è accusata di estorsione e rapina, con l’aggravante di aver agito contro un anziano ministro di culto. Il solo uomo è imputato anche per minaccia con uso di armi, mentre il figlio dovrà rispondere del reato di riciclaggio.

La vicenda

Secondo quanto ricostruito dalla polizia giudiziaria, tra il 2015 e il 2019 il prete avrebbe sborsato circa mezzo milione di euro (anche di più, secondo l’accusa, per via di pagamenti non tracciabili) per fuggire al ricatto hard. Don Camillo ha raccontato di essere stato sedotto da Claudia, parrocchiana di 24 anni più giovane. L’uomo si sarebbe recato a casa sua per un appuntamento romantico e, proprio quando la situazione iniziava a scaldarsi, ecco rincasare il marito furibondo, il quale avrebbe minacciato il sacerdote anche con una pistola. In un incontro, infatti, Eraldo Scurti avrebbe ostentato la forma di un’arma all’interno della tasca e alluso a un video in cui sarebbero immortalati gli appetiti sessuali del prete. Nella perquisizione domiciliare a carico della famiglia sono state rinvenute alcune armi da softair e, secondo gli investigatori, una di queste sarebbe abbastanza piccola da essere infilata in tasca. Messo con le spalle al muro, il prete avrebbe venduto proprietà e chiesto soldi in prestito a familiari, amici e parrocchiani, senza fornire troppe spiegazioni. La tresca è costata al prete anche il posto da parroco a Città Sant’Angelo: «Come ha dichiarato in aula monsignor Valentinetti, il trasferimento è stato necessario per tutelare il parroco e anche i parrocchiani – commenta Giovanni Mangia, avvocato di Lancia –: è un ulteriore danno che si aggiunge a quelli già creati da questa situazione».

L’arcivescovo non ha fornito particolari su quanto sapesse della relazione erotica e del ricatto, poiché tenuto al segreto sacramentale: «Don Camillo si è confessato con me», ha detto il monsignore ai giudici del collegio. Ha però specificato di aver trovato in ordine il bilancio della parrocchia e che il prete in passato non aveva manifestato alcun problema. «Non mi ha mai parlato di Claudia Palma», ha aggiunto infine monsignor Valentinetti. Il processo proseguirà il prossimo 4 luglio con l’esame degli imputati. È attesa, inoltre, la perizia tecnica sull’antiquato registratore con cui il parroco avrebbe immortalato le minacce degli imputati.

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