Terni, il dolore di Sharon, la figlia di Marianna Vecchione: «Ha ucciso mia madre ma dopo cinque anni era fuori dal carcere, per me dramma infinito»

«Chi governa deve fare le leggi e farle rispettare»

Terni, il dolore di Sharon, la figlia di Marianna Vecchione: «Ha ucciso mia madre ma dopo cinque anni era fuori dal carcere, per me dramma infinito»
di Nicoletta Gigli
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Domenica 26 Novembre 2023, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre, 17:16

TERNI - «Da quel giorno non è passato un minuto. Non sono ancora riuscita a fare razionalmente i conti con la morte di mia madre. Spero sempre che possa ritornare».

Sharon, 29 anni, da 12 convive con un dolore inconsolabile.

Il 23 marzo 2011 sua mamma Marianna Vecchione, 35 anni, viene uccisa dal compagno, Giuliano Marchetti, nell’appartamento della coppia, in via Brodolini. Un delitto a colpi di fucile consumato di fronte ai due figli di Marianna e Giuliano, che hanno 3 e 7 anni. E’ la più grande a vegliare la mamma, ormai senza vita, in attesa dell’arrivo della polizia. La vicenda penale si  chiude nel 2015 con una sentenza definitiva e la condanna per Marchetti a 16 anni di carcere.

Sharon Federici Vecchione, che dopo una lunga battaglia è riuscita a prendere il cognome di sua mamma, ripercorre i giorni che hanno preceduto il femmicidio. E’ convinta che sua madre, prima di dire addio alla vita in un pomeriggio di marzo, si è preoccupata solo di proteggere lei. E’ la figlia maggiore nata dal primo matrimonio, vive con Marianna e Giuliano da dieci anni e ora che il rapporto sta andando in mille pezzi, Marianna teme che Sharon si metta in mezzo e rischi troppo. 

«Il 16 marzo mamma mi mandò via di casa e oggi so che l’ha fatto perché ha voluto salvarmi la vita. Se ci fossi stata mi sarei messa in mezzo per proteggerla. Oggi non sarei qui».

Una settimana prima del delitto Marianna dice a Sharon che non va bene a scuola, che è meglio che vada a casa di suo padre. Lei la prende male, non immagina che dietro a quella che appare una punizione c’è solo l’istinto di una madre che vuole solo salvare sua figlia.

«Sarei morta pure io, non avevo capito che la situazione si era complicata fino a quel punto. Lui negli anni non aveva mai dato segnali. Solo discussioni tra una coppia norma, mai un gesto violento, mai le mani alzate. Per me fino a quel drammatico pomeriggio è stato un padre e in un istante sono diventata orfana di mamma e papà. La certezza è che se potessi tornare indietro non uscirei dalla porta di casa, non accetterei di allontanarmi senza provare a difendere mia madre. Lei ha sottovalutato chi aveva accanto, poteva allontanarsi, chiedere aiuto e invece ha sacrificato la vita».

Sharon non ci sta ad accettare il menefreghismo della gente di fronte a episodi che finiscono nel sangue: «Quel giorno nessuno ha dato l’allarme. I vicini hanno detto che pensavano che il rumore che sentivano arrivare dall’appartamento fosse legato a lavori edili. E poi c’è la giustizia. Io non mi sono mai sentita tutelata dalla giustizia - dice Sharon - penso che chi uccide deve restare in carcere a vita, non deve avere neppure il diritto di difendersi. Chi governa deve fare leggi adatte e le deve far rispettare».

L’appello ad altri figli a rischio è accorato: «Se non riuscite da soli da difendere vostra mamma chiedete aiuto alle madri degli amici, ai nonni, create una rete sicura intorno a voi e a chi volete bene perché da soli non si va da nessuna parte».

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