«Io accoltellato, lui condannato e libero. Lui a lavorare e io rischio l'invalidità. È giustizia questa?». Parla il gestore gravemente ferito dal cuoco

La sedia su cui è stato soccorso Litterio Genovese dopo l'accoltellamento
di Egle Priolo
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Giovedì 15 Dicembre 2022, 10:03 - Ultimo aggiornamento: 20:56

PERUGIA - «Sei mesi, con pena sospesa. Praticamente libero. Avrebbe potuto uccidermi, lui se la cava così e io invece rischio l'invalidità. Questa non è giustizia». È arrabbiato, Litterio Genovese. Arrabbiato, deluso e sconfortato. Preoccupato per il suo futuro, ma adesso soprattutto furente. È lui il gestore di un ristorante in centro che lo scorso 20 ottobre è stato accoltellato dal suo cuoco, dopo una lite in cucina.

Si discuteva di lavoro e l'uomo, un 44enne di origini marocchine, quando i toni della discussione si sono fatti più accesi, ha preso un coltello e non ci ha pensato un istante prima di colpire Litterio una, due, tre, quattro volte. Colpito al volto, al collo e a una mano, il 40enne è scappato fuori dal locale chiedendo aiuto, lasciando una striscia di sangue dietro di sé per tutta via della Luna. Pochi metri fino a corso Vannucci e a destra ha trovato i suoi primi salvatori: Laura Lemmi che stava per chiudere la sua farmacia e un sanitario del Santa Maria della misericordia che era lì in piazza a prendere un aperitivo. Se lo sono trovato davanti con il volto pieno di sangue e lo hanno soccorso al meglio. Gli amici dicono che gli hanno salvato la vita e non è difficile crederlo, considerando il sangue perso sulle scale e, lì, su quella sedia davanti alla farmacia improvvisata come un'astanteria in attesa dell'ambulanza.
In ospedale poi Genovese è stato operato, prima al volto – con la lama che per miracolo non gli ha preso la carotide – e poi alla mano sinistra. Sul viso gli è rimasta una cicatrice notevole, ma è la mano che adesso crea più problemi: lui è mancino e il coltello gli ha reciso dei tendini, sono stati ricostruiti, ma la motilità delle dita è altamente deteriorata. Da quando è uscito dall'ospedale, fa fisioterapia, ma non è ancora chiaro che tipo di danni permanenti rischi. E ieri il suo aggressore, subito arrestato, rimasto in cucina ad aspettare i carabinieri dopo aver chiamato immediatamente l'avvocato, è stato condannato dal tribunale di Perugia appunto a sei mesi di reclusione con pena sospesa. Fino alla sentenza, dopo la convalida dell'arresto, gli era stato imposto l'obbligo di firma tre volte alla settimana, dopo aver confessato in aula, essersi mostrato pentito e piangendo anche davanti al giudice: «Ho avuto paura di averlo ammazzato».
«Gli è bastato farsi uscire le lacrime per non andare in carcere – dice ora Litterio -, ma che giustizia è? È stato accusato di lesioni personali gravissime, quando invece poteva uccidermi.

Una coltellata? Prima di tutto sono state quattro e solo quelle andate a segno. E poi mica ha puntato alla mano: me l'ha colpita perché io mi ci stavo coprendo la faccia. Se non avessi avuto quella prontezza, mi avrebbe ammazzato. E ora è libero, l'ho incrociato davanti al tribunale, lui pronto a ricominciare e io?». Genovese - conosciutissimo in città, ha servito generazioni di perugini e turisti nei vari locali del centro in cui ha lavorato - è un fiume in piena. I suoi legali hanno presentato cartelle cliniche, documenti, ma l'accusa iniziale di lesioni è arrivata fino a sentenza. «Nessuno mi ha chiamato, mi ha cercato, ha chiesto la mia versione – insiste -. Ha precedenti simili, come abbiamo saputo dopo, e io so solo che mentre lui guarda Francia-Marocco, io sono a fare fisioterapia per recuperare l'uso di tre dita. Non posso nemmeno aprire una bottiglia d'acqua da solo. C'è solo mia moglie con me, con due bambini che ho difficoltà a prendere in braccio. E a questo proposito, dopo quei pianti in aula, l'obbligo di firma glielo hanno concesso per dar da mangiare alla famiglia. E io? Io ho dovuto chiudere il locale per due mesi, non so nemmeno se potrò tornare a lavorare e alla mia famiglia chi ci pensa?».

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