APOTEOSI BIANCOCELESTE
Sugli spalti in sessantacinque mila a gridare l’amore per la prima squadra nata nella capitale. Nelle tribune dell’Olimpico non c’è spazio, la gente è seduta perfino sulle scale. Fuori c’è il delirio. Un “caos pacifico” che ha creato problemi di traffico nella parte Nord della capitale, rimasta bloccata per ore. Almeno quindicimila le persone che hanno acquistato all’ultimo momento il biglietto. Una buona parte dei tifosi ha dovuto desistere e ritornare a casa, limitandosi a seguire la festa in diretta televisiva. Una cosa del genere non si era vista nemmeno quando ci fu la festa per il secondo scudetto, quello del 2000 con Cragnotti e la sue stelle, da Nesta, celebratissimo anche ieri che si è riconciliato con il pubblico, a Mihajlovic, Conceicao, Boksic e tutti gli altri.
LACERANTE SCONFITTA
I laziali ci sono e sono tanti. «Ma che succede?», si chiedeva disperata una signora bloccata per mezzora in macchina davanti al Foro Italico. «Signo’, nun se preoccupi, è il giorno della liberazione della Lazio», gli risponde in coro una famiglia al completo: nonno e nonna, rispettivi figli e nipoti. Tutti insieme, con sciarpe e bandiere, a vedere la Lazio e tifare per Wilson e Oddi, Chinaglia, Maestrelli e Re Cecconi, ma anche per Ruben Sosa e Poli, Nesta, Mancini e Mihajlovic. ”Di Padre in Figlio”, appunto. È la fede per i colori laziali tramandata di generazione in generazione. I bambini, raggianti, saltellano da una parte all’altra dello stadio, regalando la fotografia più bella, dopo poco più di una settimana da Napoli-Fiorentina. Lotito non c’era, e chissà se avrà guardato in diretta tv quanto è successo ieri all’Olimpico. Avrebbe dovuto farlo. Per lui è una sconfitta pesante, lacerante, ma anche un’occasione da prendere al volo per rimettere le cose a posto e ripartire tutti insieme nel nome della Lazio.
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