Lazio, gli ex in coro: «Un Olimpico
così merita una grande squadra»

Lazio, gli ex in coro: «Un Olimpico così merita una grande squadra»
di Alberto Abbate
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Martedì 13 Maggio 2014, 09:39 - Ultimo aggiornamento: 11:57
Questa banda suona ancora il rock. Ballano scatenati sessantacinquemila padri e figli, con in mano una fede e il cielo per bandiera: «È un onore partecipare a questa meravigliosa festa», cantano in coro Ruben Sosa, Poli, Signori, Stankovic, Mihajlovic, Mancini, Dabo. Stritolato nell'abbraccio il figlio prediletto, Nesta: «Il mio ritorno? Mai dire mai. Intanto è bello ritrovare vecchi amici. Ora che le cose vanno così così, forse tutti i laziali hanno bisogno d'assaggiare un po' di passato». È un'immersione nella storia all'Olimpico, solo Lotito resta lontano, nella sua isola “infelice”: «Io devo ringraziarlo per avermi portato a Roma – ammette Delio Rossi – ma se non c'è rispetto per il passato, non può esserci futuro. Questa serata lo dimostra, la gente ripaga solo le emozioni che riceve». Chiaro, Signori: «È un'apoteosi di lazialità».



Quarant'anni dopo, è come fosse ieri quel 12 maggio 1974. Tifosi impazziti e commossi, c'è lo sguardo trasparente di Maestrelli: «I laziali chiedono solo amore, così mio padre li ha conquistati e si è fatto volere bene», assicura il figlio Massimo. Ancora appeso a quel dito al cielo di Chinaglia, alle luci abbaglianti del primo scudetto. Eccolo il manifesto della lazialità, basta ridare memoria al mito e l'ordine biancoceleste del pallone è ristabilito: «Non so se questa serata potrà placare il dissenso con Lotito – spiega Bergodi – ma è un omaggio a una squadra fantastica». Si respira polvere, gesso e tanta gloria. Questo è una notte perfetta, riavvolgi “Tutto il calcio minuto per minuto” e abbracci l'eternità. Non conta il futuro, non ne vuol parlare Mihajlovic: «Sono felice di rivedere l'Olimpico così pieno dopo 15 anni». E l'ex compagno Stankovic: «Non c'è mai stato alcun contatto per tornare, alla Lazio avrei potuto vincere di più». Non ditelo all'ex presidente Cragnotti: «La mia soddisfazione era rendere la Lazio vincente. Ora però dobbiamo restare vicini a questi colori».





I tifosi invocano un simbolo, uno con l'aquila sul petto. Un unico cuore di queste tre Lazio: «L'attuale contestazione? È figlia del troppo amore verso questa squadra», assicura Papadopulo, secondo allenatore dell'era Lotito. E la “plusvalenza” Oddo: «È un peccato che questo pubblico possiamo godercelo solo noi ex. Spero di rivederlo presto anche per la “Lazio vera”». Toc, toc, Gonzalez bussa alla porta di Sosa: «Sono qui per portare gli scarpini a Ruben. Lui è un mio idolo, lo seguo fin da piccolo perché viene da Montevideo come me. Ha giocato in una grande Lazio». Il “Tata” si coccola Ruben, che ringiovanisce: «È stupendo vestire di nuovo la maglia biancoceleste». Su le braccia di fronte a così tanta lazialità, bellezza, coraggio, sovversione. Commozione. Piangono tutti, piange il cielo. C’è chi lo fa da quarant’anni e non ha ancora smesso. Rimane una luce negli occhi di questa Lazio.
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