Darboe, dal Gambia alle lacrime con lo United. Mourinho lo studia

foto Mancini
di Alessandro Angeloni
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Sabato 8 Maggio 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 11:06

E’ nato nel 2001, che per la tifoseria della Roma è l’anno del Signore, ovvero quello del terzo scudetto giallorosso. Ebrima Darboe è baciato da una magia, il vento lo ha portato a Roma, dopo un lungo viaggio: zaino in spalle e mille pensieri in testa. Uno in particolare, giocare a calcio per poi mantenere la famiglia. In Gambia non era possibile e da lì è scappato. Il duro e infinito viaggio, l’esordio, prima in campionato, poi in Europa League, è terminato con le lacrime davanti alle telecamere. «Giocare contro lo United è indescrivibile, non so come spiegarmi, sono emozionato». Ma Ebrima si spiega bene, in perfetto italiano. L’emozione si traduce in un pianto sincero. Ripensando alla sua storia, alla casa famiglia e a Bruno Conti che gli ha aperto le porte della Roma di Alberto De Rossi. Darboe guardava e sognava i campioni e l’altra sera se li è trovati davanti e al fianco. 

VIAGGIO
«In Africa è difficile giocare a grandi livelli senza un aiuto. Sono fuggito con due amici, un viaggio duro e avventuroso. Dopo un anno ho conosciuto Miriam Berruti, una talent scout che mi ha cambiato la vita: ero troppo piccolo, ne avevo bisogno. Vorrei ringraziare tutta la sua famiglia, so che mi stanno guardando», le sue parole. Gambia, tappa in Libia per poi raggiungere l’Europa e infine, l’Italia, il traguardo. Ebrima arriva in Sicilia poi si sistema in una casa famiglia (incluso nel progetto Sprar, sistema di protezione per richiedenti asilo) a Rieti, lì gli si spalanca davanti il mondo del calcio: l’ingaggio dallo Young Rieti e l’occasione di fare un provino (superandolo) con la Roma. Gli anni nella Primavera giallorossa, il primo contratto («la realizzazione di un sogno), tutto in un attimo, un viaggio nel viaggio. Prossimo step? Stregare Mourinho, che ha bisogno di un calciatore come lui in mezzo al campo.

Certo, Darboe è ancora un ragazzo e ha tempo, ma se dimostrerà di saper mantenere questo talento, chissà. Anche Daniele De Rossi è stato giovane, ma Capello lo aveva aggregato alla prima squadra, facendolo crescere con i big. Si sente vicino a Diawara, per amicizia e caratteristiche tecniche, la Roma avrebbe bisogno di un Kante (in fondo tutti ne avrebbero bisogno...). Mourinho sa valorizzare i giovani ma vuole certezze. Ha fatto crescere Mario Balotelli (che però aveva esordito con Roberto Mancini), andandoci anche allo scontro, poi ha avviato Davide Santon, che all’epoca veniva considerato l’erede di Maldini. Nella carriera di un allenatore, anche dei più grandi come lo Special, ci sono sviste: ad esempio il portoghese non aveva intuito lo strapotere tecnico e fisico di Kevin De Bruyne che, a ventidue anni, era finito al Chelsea, senza incidere troppo, magari anche per colpe sue. Aveva 22 anni. Stesso discorso con Momo Salah, che con lui al Chelsea, in due anni, ha portato a casa diciannove presenze e due reti. Ogni allenatore può avere problemi con calciatori, non si tratta solo di vedere o meno le qualità di un giovane. Nota la storia del fallimento di Henry alla Juve, poi dominatore assoluto con la maglia dell’Arsenal e del Barcellona. Mou ha anche il merito di aver vinto la Champions del 2004 con il Porto schierando titolare Carlos Alberto, trequartista diciannovenne appena arrivato dal Brasile. Poi ha innescato le carriere di Casemiro, Nacho e Morata ai tempi del Real Madrid. Darboe si mette in fila, aspetta un segnale anche da Pinto. Se sarà il caso, magari, prenderà in considerazione anche l’ipotesi di andare a fare esperienza altrove. Tornando più maturo di oggi. Magari sempre con Mourinho in panchina.

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