Achille Lauro: «Fra trent'anni sarò il nuovo Thom Yorke. Ero un delinquente, ora racconto il mio percorso di redenzione»

Il cantante romano presenta il docufilm sulla sua vita, “Ragazzi madre - L’Iliade”, da oggi su Prime Video

Achille Lauro: «Fra trent'anni sarò il nuovo Thom York. Ero un delinquente, racconto il mio percorso di redenzione»
di Mattia Marzi
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Giovedì 14 Dicembre 2023, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre, 18:11

L’appuntamento è fuori dal Cinema Antares, a Monte Sacro. L’insegna della sala recita: C’è ancora domani. Ma non è a una proiezione del film campione di incassi di Paola Cortellesi che stanno per assistere i 400 spettatori radunati fuori dalla sala di viale Adriatico, nel cuore del quartiere della periferia nord-est della Capitale. Il “secret show” che sta per andare in scena sul grande schermo è quello di Achille Lauro. All’ingresso lo staff del 33enne cantante romano consegna dei poster di una misteriosa locandina: c’è il corpo di Lauro sorretto da una figura coperta da un velo, come nella Pietà di Michelangelo. Sopra, la scritta Ragazzi madre - L’Iliade. Sotto, il logo di Prime Video. Così Achille Lauro lunedì sera ha mostrato in anteprima il docufilm da oggi disponibile sulla piattaforma di streaming per cui firmò nel 2021 un accordo di esclusiva. 75 minuti che mettono in fila, nell’ordine: la fuga con il fratello appena adolescente dalla casa in cui Lauro De Marinis - è il suo vero nome - viveva con la madre Cristina (che compare all’inizio, per pochissimi istanti: «L’ho educato alla libertà», si limita a dire) e il padre Nicola (oggi magistrato della Corte di Cassazione: nel film non compare mai e a Sanremo nel 2020 il figlio gli dedicò Gli uomini non cambiano parlando del «rapporto mai avuto» con lui), la droga, i furti, le rapine, il successo, la redenzione.

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«Quando abbiamo iniziato a sentirci, Lauro ha insistito tanto affinché questo evento si facesse proprio in questo storico cinema. È un onore per me dargli il bentornato», dice l’assessore ai grandi eventi, turismo, sport e moda di Roma Capitale Alessandro Onorato. «Si apre una nuova era, per me.

Tra trent’anni? Non mi vedo come Eminem, ma come Thom Yorke», sorride il cantante, aprendo scenari surreali (chissà come gli starebbero i panni del leader dei Radiohead, eroi del rock alternativo).

Perché questo cinema, Lauro?
«È quello che frequentavamo quando eravamo ragazzi. Questo è il quartiere, lo stesso in cui ha vissuto Rino Gaetano e dove è nato Claudio Baglioni, che ci ha permesso di diventare quelli che siamo oggi, dove siamo cresciuti tra mille sbagli».

A nome di chi parla?
«Mio, di mio fratello Federico (co-autore di diverse sue canzoni, ndr), dei miei produttori Frenetik, Orang3 e Gow Tribe (alla proiezione era assente il braccio destro di sempre Boss Doms, che però compare nel film, ndr). Abbiamo fatto un percorso incredibile. La prima volta che andai in studio da Frenetik mi presentai con una scatola di cartone con dentro qualche spiccio, le chiavi, quattro cellulari senza batterie e un pc: ero un delinquente e lo racconto. Questa è la mia Iliade».

Chi era stato fino ad allora Achille Lauro?
«Un ragazzo cresciuto in un contesto marcio, senza cultura, da cinquantenni pluripregiudicati che si avvicinavano a un’idea di padre. Ho iniziato a delinquere presto: andavo a rubare al supermercato, tornavo a casa con 600 euro di roba. All’inizio ero stupidamente compiaciuto: ma il burrone era lì davanti a me».

Quando l’ha capito?
«Quando cominciai a vedere gli amici sfasciarsi e finire malissimo. Uno dietro l’altro. Capii che non volevo diventare come le persone che mi avevano cresciuto. Tornando alla domanda di prima, ero una persona che stava male e provava a curarsi facendo musica».

Per anni ha smentito voci e indiscrezioni sulla sua vita privata. Perché ora racconta tutto?
«Per chiudere un cerchio. Adesso che sono maturo giro per comunità incontrando i ragazzi in difficoltà».

La svolta?
«Con Thoiry Remix, nel 2018. Poi arrivò il primo Sanremo, nel 2019, con Rolls Royce. Non avevo idea del guaio in cui mi stavo per infilare: giornalisti alla ricerca dello scandalo, del plagio».

Fa parte dello show di Sanremo. Quest’anno si sta già discutendo dei testi dei La Sad: cosa gli consiglia?
«Mi auguro per loro che abbiano una grande canzone in grado di spazzare via le polemiche. Con Rolls Royce fu così. Oggi è un classico della musica italiana».

Ci torna al Festival?
«No. Esco da un periodo intenso: dieci anni che sembrano trenta. A breve volerò negli Usa per lavorare a nuova musica».

Musicalmente parlando dove sta andando dopo il punk-rock, lo swing, l’elettropop, il gospel?
«Una direzione non ce l’ho mai avuta».

Un ritorno al rap l’ha mai preso in considerazione?
«Su quelle panchine non mi ci siedo più: non sarei autentico».
 

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