Spazio, lontano dalla Terra si diventa più vecchi di 20 anni. Ecco i danni cellulari riportati dagli astronauti

Durante i viaggi nel cosmo le radiazioni ionizzanti fanno aumentare i radicali liberi nelle cellule

Spazio, lontano dalla Terra si diventa più vecchi di 20 anni. Ecco i danni cellulari riportati dagli astronauti
di Maria Rita Montebelli
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Giovedì 14 Settembre 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 08:18

Un giorno, forse neppure lontano, potremmo essere costretti a lasciare il nostro amato pianeta, alla ricerca di nuovi mondi o di nuove risorse.

E per non farci trovare impreparati vanno studiate le alterazioni che una permanenza prolungata nello spazio può provocare sul nostro organismo. Di questo si occupa la medicina spaziale al centro di un convegno tra i guru del settore, appena organizzato a Firenze da Fondazione Internazionale Menarini. Un argomento di frontiera con ricadute anche sulla salute dell’umanità che non andrà mai in orbita (dalla prevenzione della disabilità, al rallentamento dei processi di invecchiamento) grazie ad una migliore comprensione dei meccanismi (immunitari, neurobiologici, cardiovascolari) che portano alla malattia.

«Le due grandi sfide che deve affrontare chi viaggia nello spazio – spiega la professoressa Marianne J. Legato della Foundation for Gender-Specific Medicine New York, Usa e presidente del congresso – sono le radiazioni ionizzanti e la microgravità. Le prime provocano un aumento dei radicali liberi nella cellula, con conseguente stress ossidativo e danni al Dna, che nel lungo termine aumentano il rischio di tumori.

Ad essere danneggiati sono in particolare i mitocondri, organelli che fungono da centrale energetica della cellula; la disregolazione mitocondriale è una delle più gravi conseguenze dei viaggi spaziali e può causare alterazioni del metabolismo dei carboidrati e dei lipidi».

GLI EFFETTI

La microgravità invece esercita i suoi effetti non solo sulle ossa e sui muscoli (osteoporosi e atrofia muscolare), ma anche sui fluidi corporei che si ridistribuiscono verso la parte superiore del corpo, provocando danni agli occhi (la Sans, Spaceflight Associated Neuro-ocular Syndrome) e al cuore, che lavora di più per compensare queste alterazioni. Un’accelerazione dell’invecchiamento è in generale lo scotto da pagare per lasciare sulla terra la forza di gravità, con la quale il nostro organismo si è confrontato da millenni. «La parete delle arterie – prosegue la professoressa – tende ad irrigidirsi, così che dopo una lunga permanenza nello spazio risultano invecchiate di 10-20 anni». Non trascurabile è anche l’impatto sulla sfera psico-emotiva degli astronauti e dei futuri viaggiatori e lavoratori dello spazio. «L’isolamento, la permanenza in spazi ristretti con elevata concentrazione di CO 2 – ricorda la dottoressa Bettina Beard della NASA – comportano un importante carico psicologico, favoriscono gli stati d’ansia e possono condurre ad alterazioni comportamentali e cognitive, potenzialmente molto pericolose. Importante dunque addestrare astronauti e lavoratori dello spazio a sviluppare capacità di resilienza emotiva, comunicazione interpersonale e intelligenza culturale, oltre a individuare i primi segnali di perdita di solidità psicologica nei colleghi». Ma è solo l’inizio.

IL GENERE

«Molto poco si conosce in termini di medicina spaziale di genere – ricorda la Legato – perché finora gli astronauti sono stati soprattutto maschi. Cominciano ad emergere dati interessanti. Uno studio su 5 uomini e 4 donne vissuti per 5-6 mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale ha evidenziato che l’irrigidimento delle carotidi, i grandi vasi del collo che portano il sangue al cervello, cioè il loro invecchiamento, è molto più accentuato nelle donne, nelle quali si evidenzia anche un maggior aumento dei livelli di renina e aldosterone, ormoni strettamente connessi all’ipertensione arteriosa. Dal canto loro gli uomini tendono a mostrare livelli di glicemia più elevati e maggiori disturbi a livello oculare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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