«Via dall'inferno di Marrakesh. Un sollievo essere tornata a Rieti». Il racconto di Virginia Pentuzzi, la giovane reatina in vacanza in Marocco

Virginia Pentuzzi in una foto scattata in Marocco prima del terremoto
di Sabrina Vecchi
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Martedì 12 Settembre 2023, 00:10

RIETI - «Tornare a casa è stato davvero bello. Avevamo bisogno di riposarci, lavarci, dopo due notti per terra e dopo tanta polvere, dopo quanto accaduto». Un enorme sospiro di sollievo dopo la grande paura, per le tre ragazze reatine rientrate in città dopo aver vissuto il terremoto di Marrakech, in Marocco, dove erano in vacanza. Una catastrofe che sta sfiorando in queste ore i tremila morti. 

Il racconto. «Siamo partite dall’Italia lunedì 4 settembre, abbiamo visitato Fes, Casablanca e Chefchaouen, e gli ultimi tre giorni coincidenti con il fine settimana erano previsti per Marrakech, la meta turistica più ambita», racconta Virginia Pentuzzi, reatina di 24 anni, conosciuta in città anche per la sua voce da mezzosoprano ascoltata in città in diverse occasioni. Dovevano essere momenti di svago e spensieratezza dopo un anno di lavoro da segretaria e di studio al Conservatorio per conseguire la laurea magistrale in canto lirico: «Alloggiavamo in un riad, l’abitazione tradizionale marocchina, al centro della città, nel mezzo della Medina della città vecchia. Eravamo appena rientrate da un’escursione alla città di mare Essaouira, avevamo cenato ed eravamo rientrate. Io ero seduta sul letto e ho sentito tremare, ma non essendo zona sismica non ho pensato subito a un terremoto, poi invece la scossa è aumentata tantissimo, è stata forte e interminabile». In stanza con Virginia c’è la sorella Nicole, «ci siamo guardate incredule, abbiamo pensato non fosse possibile».

La paura. Le due ragazze provano a mettersi al riparo sotto i letti, troppo bassi per infilarsi sotto: «Siamo uscite e ci siamo messe sotto un vicino architrave, dalla parte opposta del balcone ho visto dei ragazzi spagnoli che oscillavano in maniera allucinante, mi chiedevano cosa succedesse, da come si sono comportati non credo avessero mai vissuto un terremoto in tutta la loro vita». 
Una volta al pianterreno, la visione è apocalittica: «C’era tantissima polvere, erano caduti cocci e vetri, non si respirava e non si vedeva nulla.

Inizialmente siamo andate nella zona della piscina, poi siamo tornate velocemente in stanza per prendere le cose essenziali, qualche bagaglio: un minuto ed eravamo in strada». Virginia racconta di scene impressionanti: «C’era gente ovunque, il panico. Poco prima avevamo salutato due bambini sorridenti, gli avevamo regalato le caramelle. Li ho rivisti dopo pochi minuti seduti per terra, sporchi, con gli occhi sbarrati. Era terribile, sembrava di stare in un film dell’orrore: mamme che piangevano, anziani, gente che correva scalza».

La fuga. Dalle viuzze strette e sconosciute della Medina, le ragazze non sanno come uscire, sono letteralmente in trappola: «Era un labirinto, non sapevamo dove andare. Siamo rimaste nello spazio più aperto, non avevamo alternative. I marocchini sono una popolazione fantastica, ci hanno dato consigli su come muoverci, altri addirittura si sono scusati per l’avvenimento: “Qui non succede mai, scusateci”: di fronte a queste parole non sai davvero cosa rispondere».

Il soccorso. Dopo ore di panico, le ragazze trovano riparo in un altro riad: «Ci siamo messe a dormire su materassi poggiati a terra, abbiamo passato così la prima notte». 
L’indomani, l’aiuto arriva dai marocchini di Rieti: «Avevo dei contatti in città, seguendo le loro indicazioni siamo riuscite a trovare la via d’uscita dalla Medina, grazie alla loro guida abbiamo evitato gli spazi più affollati e le strade chiuse dalle macerie. Poi è arrivato un ragazzo marocchino mandato dai miei contatti reatini, ci è venuto a prendere all’interno della Medina, ci ha aiutate e accompagnate fino alla città nuova».

Improbabile ritorno. Un altro viaggio difficile verso l’aeroporto, e domenica sera, finalmente, il ritorno in Italia. «Se tornerei in Marocco? È una domanda difficile», dice Virginia. «Ci sono cose che avrei voluto vedere, è un posto bellissimo e tutto da scoprire, ma è anche un luogo complicato e con una cultura tanto diversa dalla nostra, gli stili di vita sono decisamente lontani da quelli occidentali. I motivi sono solo questi, certamente sulla mia scelta di tornare o meno non influirà il terremoto che ho vissuto».

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