Rieti, il vescovo Pompili in consiglio comunale
Esaminate tutte le emergenze del territorio
Vedi le foto dello storico intervento

Rieti, il vescovo Pompili in consiglio comunale Esaminate tutte le emergenze del territorio Vedi le foto dello storico intervento
di Alessandra Lancia
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Venerdì 16 Ottobre 2015, 21:12 - Ultimo aggiornamento: 17 Ottobre, 14:44

RIETI - Porte aperte (e praterie smisurate) per il vescovo Domenico a Palazzo di Città. Il presidente del consiglio comunale Marroni prima, il sindaco Petrangeli poi evocano intese tra sfera civile e religiosa, per “battere gli egoismi e fronteggiare le diseguaglianze sociali”.

E il vescovo li a spronare perché la Rieti-Torano non finisca a Casette, l’acqua del Peschiera vada (ancora) a Roma senza che Rieti sappia far valere i suoi interessi, l’Università che dalla periferia torni al centro dell’attenzione e del sostegno cittadino, lo Strampelli diventi finalmente un centro volano di sviluppo, la sanità non venga considerata l’ultima fabbrica reatina in termini di occupazione ma coltivi l’attenzione all’umano, l’agricoltura sia ancora in grado di produrre reddito e magari agevolare l’integrazione degli immigrati.

C’è niente da fare, tra gli amministratori (giustamente) tirati a lucido che sciamano tra i banchi e le sedie rosse come scolari e il vescovo in clergyman nero che siede al banco della giunta nel posto del sindaco, il discorso politico l’ha fatto il vescovo, seppur prendendo spunto dalle allegorie di Calcagnadoro – la giustizia, le arti, l’agricoltura e l’industria – che da più di cento anni vegliano sui consigli cittadini e sui destini della comunità.

Per ritrovare un vescovo in sala consiliare bisogna riandare a monsignor Massimo Rinaldi, che il 6 giugno del 36 fece visita al consiglio insieme al cardinale Nicola Canali.

La foto che rispolvera Fabrizio Tomassoni ci rimanda alla Rieti in camicia nera degli anni d’oro del Regime, gli anni di Terminillo montagna di Roma, delle dighe sul Salto e sul Turano e di quella straordinaria opera di ingegneria idraulica che è (ancora) l’acquedotto del Peschiera. Oggi il rischio di guardare indietro è fortissimo e allora don Domenico provoca – “per voi che fate politica in un periodo così gramo, verrebbe da dire: ma chi ve lo fa fare?” – lusinga – “per lavorare tutti insieme per la ripresa servono uomini e donne giuste” – incalza: “Anche la Ciociaria, da dove provengo, ha conosciuto l’industrializzazione mordi e fuggi. Ma gli imprenditori non vanno solo agevolati: a loro bisogna chiedere, se non addirittura pretendere”.

Poi, per carità, “non sono qui a dettarvi l’agenda politica ma solo a richiamare le istanze che le virtù del Calcagnadoro dal passato ancora insegnano e ci aiutano ad affrontare il presente e a preparare il futuro”. Per quello, può tornare utile rileggere Bonhoeffer, il teologo luterano che sfidò Hitler e per questo fu ucciso, pochi giorni prima della Liberazione. “Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in questo affare. Ma piuttosto quale potrà essere la vita della generazione che viene? Solo da questa domanda possono nascere soluzioni feconde anche se provvisoriamente molto mortificanti”. Altro che “poltiglia sociale”.

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