Rieti, la testimonianza di una donna russa: «Per noi gli ucraini sono sempre stati fratelli. Guerra inimmaginabile»

Yulia Khlopkova, Gabriele Casanica, Roberto Casanica
di Giacomo Cavoli
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 18:34

RIETI - Per arrivare a Tsiret Porubne serviranno oltre venti ore di viaggio, più facilmente un giorno intero. È la zona cuscinetto al confine tra le due città di Suceava, in Romania, e Cernivtsi, in Ucraina, dove domani arriveranno i due furgoni guidati dai volontari reatini per consegnare gli aiuti donati in poche ore alla Mensa di Santa Chiara. Vestiario, cibo, medicinali, tutto raccolto in appena tre giorni dopo l’appello lanciato dalla responsabile della Mensa, Stefania Marinetti che, insieme a un gruppo di ucraini residenti a Rieti, ha trovato contatti sicuri, testimoniati da certificazioni attendibili, ai quali consegnare i beni raccolti a favore del popolo ucraino. A chiudere il cerchio degli aiuti ci hanno invece pensato Roberto e Gabriele Casanica, seconda e terza generazione di una famiglia che a Rieti può soltanto voler dire quattroruote, i quali hanno risposto subito sì alla richiesta della mensa di poter trasportare i beni al confine: partiranno oggi, per un viaggio lungo e che tutti sperano non riservi imprevisti.

Il racconto. La vita sono storie che s’intrecciano l’una dentro l’altra. Perché quando Roberto e Gabriele hanno risposto sì all’appello della mensa, conoscevano già da vicino il dolore causato dal conflitto russo-ucraino: è quello che continua a tracimare dal cuore di Yulia Khlopkova, cittadina russa e compagna di vita di Gabriele che a Samara, sesta città più popolosa della Russia, situata alla confluenza tra Samara e Volga, ha lasciato una famiglia che non raggiunge da almeno due anni a causa del Covid e con la quale ora teme di non riuscire a mantenere neanche più i contatti via Internet. Quarant’anni appena compiuti e in Italia da circa venti, è stata Yulia l’anello di congiunzione che ha completato la catena degli aiuti, raccordando il lavoro di raccolta della mensa con il trasporto dei beni da parte di Roberto e Gabriele. «In tre giorni sono state donate così tante cose che probabilmente servirà un secondo viaggio, tra due settimane, per riuscire a consegnarle tutte - racconta Yulia, mentre si muove tra gli scatoloni stoccati al centro Toyota di via Angelo Maria Ricci, quartier generale di Roberto e Gabriele. - Voglio ringraziare Rieti per quello che sta facendo: quando si tratta di aiutare, il popolo italiano è sempre il primo a muoversi». Ma lo shock per quello che sta accadendo non passa: «Per noi cittadini russi è stato tutto inatteso e a dimostrarlo sono le proteste in atto nelle grandi città come Mosca o San Pietroburgo, dove la gente scende in strada anche a costo di essere arrestata - spiega Yulia. - Nessuno avrebbe mai creduto che sarebbe sfociata in una guerra.

Per noi russi, gli ucraini sono sempre stati fratelli e sorelle, anche dopo la caduta del Muro: andavamo da loro in vacanza, e molti di noi hanno parenti in Ucraina. Gli ultimi otto anni hanno dovuto affrontare anche la guerra nel Donbass e ora ci mancava persino Putin». Il pensiero però, alla fine, torna sempre alla sua famiglia: «Al momento riesco ancora a mettermi in contatto con loro, ma temiamo che a breve verrà bloccato tutto, anche l’uso dei social: ho paura di non riuscire più a vederli, neanche in videochiamata. Stiamo soffrendo tutti le conseguenze di questa decisione e il popolo russo pagherà a lungo la scelta della guerra. Soprattutto a livello economico».

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