Caso Alessia Sbal, a giudizio camionista reatino

Un sit in per la giustizia per Alessia Sbal
di Valeria Di Corrado
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Venerdì 16 Giugno 2023, 00:10

RIETI - Va direttamente a processo, senza passare dall’udienza preliminare, Flavio Focassati, l’uomo di Vacone che lo scorso 4 dicembre ha travolto e ucciso con il suo tir la 43enne Alessia Sbal, sul grande raccordo anulare, a poca distanza dallo svincolo di Casalotti. La Procura di Roma - dopo aver concluso le indagini preliminari - ha chiesto il giudizio immediato nei confronti del camionista per i reati di omicidio stradale e omissione di soccorso. Inizialmente gli era stato contestato solo il reato meno grave, visto che Focassati (fino a quel momento incensurato) si era allontanato - secondo l’ipotesi accusatoria - pur essendosi accorto che sull’asfalto era rimasto il corpo straziato dell’estetista. 
Poi le perizie, disposte dal pm Stefano Luciani, hanno dimostrato che l’uomo di 47 anni avrebbe fatto una manovra azzardata per uscire dalla corsia d’emergenza e reimmettersi sulla corsia di marcia, colpendo con il suo mezzo pesante Alessia, che - dopo il litigio con il camionista - era rimasta in pedi sul ciglio della strada, fuori dalla sua Panda. Per questo la Procura, lo scorso marzo, gli aveva contestato anche il reato di omicidio stradale. «Non sono scappato via, ma solo ripartito. Non ho visto quella donna a terra. Come sarei potuto scappare», ha sempre sostenuto Focassati.

Le chiamate. Agli atti c’è la testimonianza dell’amica della vittima. Alle 20,34 Alessia è al telefono con lei: vede un camion procedere, forse con una manovra azzardata. «Ma che fa, è pazzo?», avrebbe detto l’estetista. Un testimone ha raccontato che la Panda della donna e il tir avevano avuto una leggera collisione. A quel punto Alessia avrebbe affiancato il mezzo pesante, costringendo l’autista a fermarsi. Poi le chiamate al 112, con la 43enne che chiede aiuto ed è sempre più agitata. In una delle telefonate si sente anche la voce in sottofondo del camionista che dice: «Io me ne vado, io non ti ho fatto niente». L’uomo sostiene che dal suo abitacolo, troppo alto, non avrebbe visto che, uscendo dalla corsia di emergenza, aveva colpito la vittima. E neppure dallo specchietto retrovisore si sarebbe accorto del corpo a terra. Ma gli accertamenti eseguiti finora hanno stabilito il contrario.
Dopo l’incidente mortale, ricordiamo, l’uomo è stato raggiunto dalla Polstrada, accusato di omissione di soccorso e posto ai domiciliari nella sua villetta di Vacone, dove la sorella di Alessia, Ilaria, l’8 dicembre si era recata inveendo contro l’investitore fino all’arrivo dei carabinieri che l’avevano calmata e allontanata. Da quella data sono trascorsi ormai più di sei mesi, e l’uomo è rimasto ai domiciliari. Nel piccolo Comune del Reatino, l’uomo è conosciuto e viene descritto come una persona riservata e spesso lontano dal paese proprio per la sua attività di camionista. In questi mesi non ha mai parlato ed è rimasto chiuso nella casa insieme alla famiglia. In pochi sapevano, fino a ieri, del suo coinvolgimento nell’incidente e anche ora in pochi hanno voglia di parlare.

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